Via Draghi, via il Governo dei Migliori, ora aspettiamo le elezioni……..poco fiduciosi
Alla fine è andata come Draghi voleva che andasse. Si è dimesso, ci sono stati 1300 Sindaci che l’hanno pregato di rimanere, un’esigua minoranza, in Italia i comuni sono 7.904; c’è stato l’appello dell’Ordine dei Medici, che ormai, però, rappresenta solo i medici tridosati, quelli fedeli alla “tachipirina e vigile attesa” o quelli comunque che in una maniera o nell’altra risultano vaccinati contro il covid pur non essendolo, in parole povere medici che andrebbero radiati dall’Ordine perché palesemente spergiuri rispetto al “Giuramento di Ippocrate”. E’ andata come Draghi aveva preventivato, è andato via, ha approfittato dell’ultimo discorso, quello che avrebbe potuto fargli rinnovargli la fiducia dalle Camere, per insultare una volta di più Parlamentari e Senatori e felicemente da questi non ha ottenuto i voti necessari per rimanere a Palazzo Chigi. Noi, sul numero cartaceo de “La Terra del Sole” di luglio, dedicato alla crisi di Governo, avevamo lasciato ben trasparire il fatto che tutta la crisi fosse ben virtuale e costruita in “laboratorio”, avevano anche lasciato spazio ad una sua eventuale riconferma a Capo del Governo, ma ben avevamo rimarcato che in cuor suo Draghi se ne volesse andare. Il Capo del “Governo dei Migliori”, ancora una volta si è mostrato per quello che è: un’arrogante e un vigliacco. Ormai l’Italia, già in crisi dal giorno dopo la sua entrata nell’euro; già destinata al fallimento dalla metà degli anni 90, quando il Professor Romano Prodi, sotto la supervisione, guarda caso di Mario Draghi, diede il via alle privatizzazioni selvagge con l’unico scopo di togliere dalle mani dello Stato le leve necessarie a dettare la politica economica al Paese, è forse lo Stato più finto al mondo. Draghi gli ha dato semplicemente il colpo di Grazia, in questo è uno specialista, l’aveva già fatto con la Grecia nelle vesti di Presidente della Banca Centrale Europea ed ora ha proseguito con l’Italia che, non a caso è finita totalmente, dalle spiagge ai centri storici, dai monumenti alle isole e dalle tenute e ville storiche ad interi monti, colline e aree boschive, nella lista della spesa delle multinazionali straniere, tutte facenti capo a “BlackRock”, “Vanguard”, “Wellington” e “State Street”. Insomma, Draghi, osannato solo dai ruffiani e dagli imbecilli, il suo compito l’aveva assolto. Con la gestione della pandemia, i vaccini obbligatori ed i lockdown ha schiantato operatori turistici, bar, ristoranti, alberghi, palestre, discoteche, artigiani, commercianti, piccoli e medi imprenditori, infine con il MES, ormai meglio conosciuto come PNRR ha ulteriormente ricoperto l’Italia di debiti a cui mai riusciremo a far fronte se non concedendo ulteriori spazi di potere politico sui cittadini italiani alla Commissione ed alla Banca Centrale Europea, in parole povere, vinca chi vuole le prossime elezioni, in assenza di una forza politica motivata a battersi per la Sovranità del Paese e per un vero Federalismo, l’Italia sarà per sempre commissariata e libertà di stampa e d’opinione, come già ampiamente palesato nel periodo della Presidenza Draghi, saranno solo più un ricordo. Quindi, se salutiamo con sollievo le dimissioni di Draghi, un Presidente che certamente non ci mancherà, è con preoccupazione che guardiamo, invece, al patto di ferro fra Draghi e Joe Biden. A tal proposito, ai nostri lettori, voglio rendere noto che il Presidente U.S.A. aveva da tempo sollecitato le dimissioni di Draghi, ormai atteso ai vertici della N.A.T.O., infatti, era in previsione di anticipare la legge di bilancio ad agosto, cosa che potrebbero addirittura fare con un Governo dimissionario, non perché sia un bene e sia logico, anzi, semplicemente perché siamo in Italia e in Italia si riescono a fare delle cose che in nessun’altra parte del mondo sarebbero possibili.
Ora è il momento delle “vedove” di Draghi, da Letta a Berlusconi, passando per Renzi, Di Maio e Salvini, tutti a cercare di incolpare un altro per la fine del Governo, quindi, tutti da non votare perché il bilancio del Governo Draghi è stato a dir poco il più fallimentare dalla nascita della Repubblica. La carriera del “grande banchiere” è stata costruita sulla svendita del nostro Paese e poi sullo strangolamento della Grecia e dietro la sua scelta di dimettersi non c’è solo la vigliaccheria di un uomo desideroso di far le valige per l’America, ma anche una grande e malcelata arroganza, oltre che il disprezzo per la democrazia costituzionale, queste le ragioni per non votare mai i partiti che l’hanno sostenuto e che oggi cercano d’incolparsi l’un l’altro per la fine di un Governo che non avrebbe neanche mai dovuto nascere. Poi, la si smetta con la scusa del voto contrario dei 5Stelle ad un’importante provvedimento governativo, in questa legislatura era già accaduto che Lega e Italia Viva non votassero “importanti provvedimenti”, eppure di dimissioni del sig. Draghi mai neppure l’ombra. Infine, cosa non di poco conto, la caduta del Governo Draghi significa, almeno speriamo che sia così, la caduta del Governo della guerra; la caduta di un Governo che si è rifiutato di affrontare temi sociali importanti: carovita, precarietà del lavoro, bassi salari, crescita della disuguaglianza e della povertà, questione ambientale, mancato rilancio del settore pubblico a partire da sanità e scuola e nel contempo ha distratto dal bilancio dello Stato per sostenere l’Ucraina in guerra contro la Russia, Nazione da sempre nostra amica, 610 milioni di euro che hanno accompagnato l’invio di armi, anche pesanti, mine anti uomo e munizioni.
Insomma, Draghi ha scelto di andarsene perché il disastro che doveva compiere era più che ben compiuto, adesso ci si aspetterebbe un po’ di maturità da parte del popolo elettore e poi, anche da parte della Magistratura, gente come Speranza & C. non possono farla franca, se ciò dovesse accadere, vorrebbe dire che, ancora un anno, forse due, poi il Paese è destinato ad implodere, a frantumarsi, perché non ci sarebbero né risorse, né convenienza a tenerlo così, unito solo dalla cialtroneria con tutto ciò che c’è di bello e di buono in Italia, di proprietà straniera.
Il Segretario Federale
Paolo Bini