Prigionieri della N.A.T.O. e servi degli U.S.A.
Mentre il mondo è in fiamme, avviluppato da un incendio di enormi proporzioni innescato dai nostri padroni a stelle strisce; mentre nessun governo, schiavo dell’indecente patto della N.A.T.O., trova il minimo orgoglio o se volete, amor patrio, per rifiutare i diktat statunitensi, noi italiani ci troviamo, sempre più poveri, inermi e inebetiti, trattati come i barboncini da compagnia degli yankee, a osservare quanto ci sta accadendo intorno, pregando che i terroristi islamici si dimentichino di noi e che agli americani non salti in mente di spedire i nostri soldati al fronte come già hanno avuto modo di fare in un recente passato. La nostra politica estera è sempre più disastrosa, da sempre affidata ad incapaci e opportunisti che vedono nella poltrona della Farnesina l’opportunità di mostrarsi ruffiani e servili nei confronti della Casa Bianca e dei grandi banchieri che oggi, più dei governi, sono arrivati a determinare la politica interna ed estera dei Paesi militarmente più organizzati e industrializzati del pianeta. Certo l’Italia, anche volendo, non ha né forza, né peso internazionale per cambiare le cose, d’altronde è dal dopoguerra che abbiamo in scioltezza cestinato ogni residuato di orgoglio nazionale. Certo, però, potremmo almeno rifiutarci di obbedire sempre alla N.A.T.O. in cambio di niente se non di ulteriori spese che vanno ad assommarsi alla mostruosa colletta coatta cui siamo costretti esclusivamente per il mantenimento della nostra classe politica e di tutti gli sprechi che la caratterizzano da oltre mezzo secolo.
Comunque, delle tante cose che si potrebbero fare non si fa nulla e i fatti ci consegnano un governo sempre pronto a ripetere fedelmente le istruzioni che gli arrivano da oltre oceano e allo stesso modo, sempre pronto a pagare riscatti milionari ai terroristi di turno che rapiscono volontari italiani impegnati nei teatri di guerra o in Paesi africani e asiatici di cui non viene resa nota la pericolosità solo per accontentare le mire di guadagno dei tour operator.
Abbiamo e non da oggi, quella che senza ombra di dubbio può essere definita la peggiore classe politica al mondo, capace di vivere esclusivamente di promesse e spot pubblicitari, ma nello stesso tempo, nei fatti, senza nessun attaccamento alla Nazione, nessun rispetto per il popolo, nessuna vergogna quando si trova costretta a negare evidenti casi di corruzione e concussione che troppo spesso la vedono coinvolta. Per contro, abbiamo la classe politica in assoluto più pagata, numerosa e attaccata alla poltrona mai vista in nessun’altro angolo del pianeta.
Abbiamo lasciato distruggere la Libia senza batter ciglio e così facendo, oggi, nel colpevole silenzio imposto dal governo Renzi, abbiamo i nostri soldati nella terra che fu di Gheddafi a proteggere con le armi e con la vita il gasdotto dell’E.N.I.. Abbiamo partecipato all’abbattimento del governo di Saddam Hussein, siamo andati a bombardare i fratelli Serbi solo perché non siamo stati capaci di dire agli americani che non ci interessa ammazzare la gente, soprattutto quando non ci ha fatto niente!
Non perdiamo occasione per schierarci là dove ci vogliono i nipotini dello Zio Sam dimostrando di non avere nessuna memoria storica quando si tratta di andare a braccetto con chi ha sulla coscienza il più grande genocidio della storia dell’uomo: l’eliminazione dei Nativi Americani e la deportazione dei superstiti in pezzi di deserto o di palude chiamati “riserve”. Oltre cento milioni di morti passati nel dimenticatoio collettivo delle coscienze occidentali, pronte a ricordare con la pancia piena di hamburger, patatine, salse e Coca Cola, solo quanto fa comodo ricordare ai padroni americani, a loro volta corti di memoria o con ricordi distorti anche per i 15 anni di guerra in Vietnam e per le due bombe atomiche sganciate sulla testa dei giapponesi durante la seconda guerra mondiale. Insomma, certamente la politica estera non è cosa facile, ma a noi la politica estera di questa Italia sempre pronta ad obbedire a scapito del benessere del suo popolo ai voleri della Casa Bianca non ci piace.
Il Segretario Federale
Paolo Bini