Politica, ignoranza e fedeltà, mix esplosivo!
La filosofia, diceva Hengel, arriva sempre tardi, come la nottola di Minerva che s’alza sul far del crepuscolo, dunque non sa prevedere, ma solo analizzare. Con ciò, lungi da me ergermi a filosofo solo perché cerco di capire e analizzare le scelte della politica romanocentrica, cosa che, invece, potrebbe anche evidenziare la mia scarsa capacità di comprendere, infatti, quasi tutti gli italiani la capiscono perfettamente e la mantengono viva e forte con il loro voto e perché no, con le loro tessere e sovvenzioni. Comunque, sempre contro corrente, senza mai tirarmi indietro, credo che se solo la metà del nostro progetto di riforma statuale venisse realizzato, magari partendo dalle 10 proposte fatte nell’autunno del 2011 al Governo Berlusconi, che preferì abdicare in favore del “carnefice” Monti piuttosto che lottare in prima linea per il bene del Paese, le cose oggi andrebbero ben diversamente e non ci toccherebbe vivere incalzati da una crisi economica-finanziaria-sociale e morale mai vista prima. Detto questo, sarà forse troppo diretto e poco filosofico, ma gettare tutte le colpe sui governi, come senza alcun costrutto si è solito fare, è secondo me un alibi troppo comodo per tutti coloro che con il loro comportamento hanno contribuito a precipitare il Paese in questo stato semicomatoso.
L’Italia, se si vuole dire la verità, è in recessione da un trentennio. Negli ultimi trent’anni abbiamo assistito a tagli crescenti dei fondi destinati alla sanità pubblica; gli italiani hanno permesso che i governi, sino al devastante atto finale decretato dalla riforma Fornero, si inventassero sempre nuove formule per rimandare l’età pensionabile; il popolo ha sostenuto la politica dell’elemosina votando chi prometteva bonus, sconti ed elargizioni varie; gli elettori hanno premiato chi ha smantellato lo Stato con le privatizzazioni selvagge che hanno fatto aumentare la disoccupazione e impoverito le casse pubbliche; si è scelto chirurgicamente la politica del buonismo, che premia i banditi e punisce le persone oneste; si è sostenuto, rinunciando ai diritti fondamentali di una democrazia, la costosissima politica dell’accoglienza, che ha significato un folle spreco di denaro per le già depresse finanze dello Stato; si è accettato che il petrolio italiano, abbondante tanto da essere esportato, diventasse esclusiva proprietà dei nostri grandi amici americani; si è rinunciato alla sovranità monetaria lasciando che sordidi politici, incapaci o corrotti, consegnassero l’Italia nelle mani dell’Europa delle banche; si è acconsentito che venisse sovvenzionato il terrorismo islamico attraverso il pagamento, col denaro pubblico, di riscatti milionari utili a ridare la libertà a “strani” cooperanti, militanti di altrettanto “strane” onlus che ciclicamente venivano e tutt’ora continuano a venire rapiti nei Paesi dove questi vanno a portare “aiuti umanitari”; si è mostrato entusiasmo nel dilapidare miliardi di euro al fine di sostenere con i nostri soldati gli interventi militari voluti dagli Stati Uniti d’America, messi in campo sotto l’egida dell’O.N.U., in tutti quegli stati che avrebbero voluto e vorrebbero vivere la loro vita senza prendere esempio da quella che vivono i nipotini dello Zio Sam. Insomma, senza voler andare troppo indietro, senza stare a rivangare la corruzione dilagante che negli anni 90 ha portato alla cancellazione di un’intera classe politica, credo che anche attraverso un’analisi superficiale della situazione italiana, tutti possano comprendere che si sta vivendo in un Paese fallito; in un Paese che ha rinunciato ad avere, dismettendo, spesso anche a fronte di niente, tutto ciò che era del demanio; in un Paese che allo stato attuale ha quale unica entrata le tasse degli italiani; in un Paese sempre più debole e corrotto nei suoi vertici; in un Paese, che rinunciando a possedere qualsivoglia leva economica, che avrebbe potuto consentirgli di dettare regole e imporre una diversa organizzazione ai mercati finanziari, è finito in balia delle grandi banche d’affari, dei potenti fondi d’investimento capaci di indirizzare gli andamenti delle borse e delle grandi multinazionali che, fregandosene di qualsiasi tipo d’accordo precedentemente preso, spostano il lavoro là dove lo ritengono più conveniente; in un Paese che ha rinunciato ad essere Stato con buona pace di chi ancora, incredibilmente e senza alcuna scusante, attraverso innaturali scelte elettorali, mantiene viva e potente la classe politica che l’ha distrutto.
Questa una piccola analisi, non so quanto filosofica, ma che dovrebbe spingere, soprattutto in questi tempi di pandemia e di manifesta incapacità organizzativa delle forze politiche di governo e d’opposizione, gli italiani a riflettere su cosa vogliono per sé stessi e per i propri figli. Voltaire definiva il filosofo come amatore della saggezza cioè della verità, probabilmente, saggezza e verità non interessano al popolo italiano, che sembra voler rimanere fedele, nonostante tutto, nonostante lo scempio economico-sociale e morale causato da questa classe dirigente, alla partitocrazia romanocentrica. Strana virtù la fedeltà italiota alla politica del fallimento, forse, non a caso, Vittorio Sgarbi ha definito la fedeltà virtù dei cani e l’ignoranza una colpa.
Il Segretario Federale
Paolo Bini