PNRR, sbagliare costerebbe carissimo a tutto il Paese
Così, mentre lo Stato si dibatte in mille convulsioni per raccattare quanto gli serve per sopravvivere alla giornata, sotto il peso di debiti, incapace di rendere possibile il mantenimento di livelli competitivi per l’insieme del sistema economico; mentre tra il febbraio 2020 e il marzo 2021 si sono perse 345.000 partite I.V.A. a causa della disastrosa gestione pandemica; mentre ci vediamo trascinati in una situazione di guerra che non ci appartiene, ecco che più che mai il “famoso PNRR” torna tutto d’un tratto di frettolosa attualità. Ecco che le maschere governative della finanza allegra, la stessa che ci ha regalato, dopo Stati Uniti d’America e Giappone, il terzo debito pubblico mondiale, ancora una volta sembra volersi mettere di traverso, però, senza nessuna conoscenza dei bisogni delle comunità e dei territori. Prima, grazie alla solita politica improvvisata e cialtrona, aveva pianificato il rilancio del Paese attraverso la sottoscrizione di un nuovo enorme debito, prima conosciuto come “MEF” e poi come “NextGenerationItalia”, ora pare far finta di niente e non rendersi conto che le risorse del PNRR non sono proprietà dello Stato, perché dovrebbero essere destinate alla comunità e perché dovrebbero, come ci avevano raccontato inizialmente, essere il volano per la ripresa economica dei territori. Quindi, non solo soldi da spendere, ma progetti e pianificazione sfruttando sinergie tra impresa, sociale, volontariato e amministrazione. In definitiva questi fondi dovrebbero consentire di operare una lettura più penetrante dei disagi e dei bisogni della popolazione al fine di riuscire ad andare incontro alle nuove marginalità, per fornire alla cittadinanza servizi più innovativi in un reciproco scambio di competenze ed esperienze, che dovrebbero servire all’arricchimento delle Pubbliche amministrazioni e del Terzo settore. Nei fatti, però, fino ad oggi il “Piano” è stato esclusivamente una questione interna ai “Palazzi”, evidenziando una volta di più l’attuale inadeguato quadro istituzionale, che mostra un gravissimo deficit di democrazia, di rispetto per i diritti dell’uomo, dei popoli e delle Istituzioni locali. I fondi del PNRR, oggi appaiono quasi come miraggi di oasi inesistenti, che si materializzano solo agli occhi di viandanti persi nel deserto. E’ tutto un susseguirsi di bandi ingarbugliati, quasi si volesse far fallire la distribuzione dei fondi ai piccoli comuni o peggio, quasi si fosse già deciso a “monte” chi dovrà beneficiarne. Intanto, ad esempio, trovo assurdo che i fondi destinati allo sport debbano essere appannaggio unicamente dei comuni capoluogo o dei comuni con più di 50 mila abitanti, neanche che a Ozegna, San Giusto, Busano o Torre Canavese, i ragazzi non debbano fare sport se non recandosi altrove. Insomma, c’è una grande confusione, ma quando la confusione è così tanta, solitamente è organizzata. Mi pare che di recente anche l’UNCEM abbia denunciato la cosa partendo da un’altra porcheria chiamata dal Ministero competente “Bando Borghi”.
Il tema PNRR alla fine, nonostante il delirante mantra proposto dall’informazione mainstream tale per cui “Se non ci fosse stato Draghi l’Europa non ci avrebbe mai dato quei soldi”, è molto complesso e credo che la maggior parte degli “esperti”, che lo propagandavano come la panacea di tutti i mali italiani, non l’avessero mai analizzato completamente, tenendo conto dei moltissimi fattori e delle molteplici varianti che lo rendono spinoso e non di facile comprensione. Ricordo le parole di Draghi: “Con quasi 50 miliardi da spendere da qui al 2026, sono i sindaci d’Italia ad avere nelle mani il successo o l’insuccesso del Recovery plan.” Peccato che i bandi, le norme e i decreti attuativi non li facciano i Sindaci, oramai costretti a vivere una normalità di “bandi usciti oggi per ieri”. Ora bisogna essere chiari, il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” può essere un’opportunità, ma sino ad oggi è una grande cambiale in bianco, infatti, per quanto riguarda l’Italia questo strumento garantirà risorse, pare certe, per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026, delle quali 68,9 miliardi saranno sovvenzioni a fondo perduto e 122,6 miliardi saranno finanziamenti in forma di prestiti a tassi agevolati e purtroppo, di molte concessioni all’Europa in termini di diritti e Stato sociale. Detto questo, mi pare chiaro che se falliremo nella gestione di tali risorse sarà il disastro totale e ciò nonostante, il dibattito politico e pubblico inerente al PNRR, quasi come se la cosa fosse stata progettata per fallire, è tutto incentrato sui “modelli di governance”, sulle “cabine di regia”, sulla “ripartizione dei poteri”, sui “target”, i”traguardi” e gli “indicatori”, insomma, per disegnare un Paese più equo e sostenibile non bastano le risorse economiche e soprattutto è inutile la politica partitocratica. Serve un’idea chiara di comunità, la volontà di realizzarla e le competenze per implementarla e la politica romanocentrica mi sembra troppo infarcita di burocrazia, lontana, distante, soprattutto nel cuore. Il rischio che corriamo è quello di avere una quantità industriale di debiti e pochi progetti presentabili e realizzabili nei tempi richiesti, ma ancora di più, il rischio più grande è quello che intere comunità non vengano neanche prese in considerazione dalla ripartizione del PNRR perché nemmeno valutate dai Ministeri competenti, d’altronde si sta parlando, oltre che di Draghi, di Brunetta, Franco, Cingolani, Giorgetti…..c’è davvero da fidarsi?! Ancora due parole, ricordiamoci bene che questa operazione finanziaria, di proporzioni inedite, era stata evocata come risposta eccezionale ad una pandemia eccezionale ed alla drammatica crisi del sistema sanitario dalla stessa aggravata, tradotto, la sanità pubblica è diventata l’ultima voce di spesa del PNRR con 18,5 miliardi stanziati da qui al 2026, ripeto, c’é da fidarsi?!
Il Sindaco di Ozegna
Responsabile Federale Enti Locali I.T.C.
Sergio Bartoli