Per uscire dalla crisi bisogna essere un Popolo
Mai come oggi risulta chiaro come l’unica cosa di cui avere paura è la paura. Il cambiamento non c’è e non ci sarà mai, se non in peggio, perché gli italiani hanno il terrore di cambiare. Amano lamentarsi, passano il loro tempo a farlo, al bar con gli amici e i conoscenti, a cena, a pranzo, nei luoghi di lavoro con i colleghi e con chiunque sia disposto a dargli retta. Fiumi di parole a vuoto per lamentarsi delle tasse, del governo, della sanità, della scuola, della giustizia, del lavoro e di quant’altro, ma di cambiare, di impegnarsi, di combattere per spazzare via la partitocrazia romanocentrica dalle istituzioni, assolutamente non ne vogliono sapere. Sembra quasi che temano l’impegno di andare a creare una nuova classe dirigente; l’impegno di rigar dritti, di dover ricostruire l’Italia sulle macerie partitocratiche.
Si potrebbe fare della crisi l’occasione per liberarsene mettendo mano all’assetto delle nostre fatiscenti istituzioni, al modo di essere della pubblica amministrazione e al modo di operare della giustizia. E’ oltremodo lampante che al di là delle parole, delle promesse e delle roboanti dichiarazioni, le parti sociali, il governo e il Parlamento non hanno nessuna intenzione di farsi carico di questa drammatica urgenza con misure efficaci ispirate all’equità sociale. Bisognerebbe essere seriamente preoccupati per l’occupazione, per le condizioni di chi lavora e di chi il lavoro lo cerca, per le famiglie più bisognose e per il Mezzogiorno che vive in costante crisi ed emergenza, praticamente dall’unità d’Italia, invece, tutti a ballare, suonare e cantare sul ponte, sembra di rivivere la tragedia del Titanic!
Viviamo in un Paese dove la democrazia è morta e sepolta da oltre 50 anni, dove l’unica libertà concessa al popolo è di fatto quella di pagare le tasse, ovviamente in cambio di niente, eppure di fare qualcosa di concreto per uscire dalla crisi e per creare un’Italia più giusta non si vuol sentire parlare. Le statistiche per quanto edulcorate ci consegnano un’Italia sempre più povera dove troppe persone e famiglie non riescono nemmeno più a soddisfare i bisogni fondamentali e sinceramente non riesco a capire come tutto ciò possa essere vissuto con disinteresse verso la politica a cui, invece, da buoni sudditi, la maggioranza degli italiani continua a chiedere l’elemosina.
Credo che i nostri figli, seppur cresciuti male, drogati da false necessità, abbiano diritto a qualcosa di più che la ricarica del cellulare o dell’ultima novità in tema di play station, bisognerebbe impegnarsi per lasciargli qualcosa che vada oltre l’illusione di una vita virtuale che possono modellarsi a piacimento su internet. Bisognerebbe impegnarsi per ridurre le sempre più acute disparità che si sono determinate nei redditi e nelle condizioni di vita; per riformare un sistema di protezione sociale squilibrato e carente; per elevare la qualità e la possibilità di istruzione; per avere una sanità unicamente votata alla salute del cittadino, governata da medici veri e non da medici di partito; per riavvicinare le istituzioni al territorio; per avere una giustizia che giudichi i reati, non le intenzioni o le idee politiche, insomma, sono tante le cose che andrebbero fatte e che richiederebbero l’impegno degli italiani, ma evidentemente, ipocrisia, falsità e vigliaccheria spadroneggiano e impediscono la necessaria presa di posizione che per un popolo sarebbe cosa normale, ma che per noi, che un popolo non siamo, è cosa che pare impossibile!
Il Segretario Federale
Paolo Bini