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Oplà, eccoci di nuovo in crisi di governo

by / giovedì, 22 agosto 2019 / Published in Politica e riforme

Già in passato l’ho detto e ripetuto, non mi piace scrivere di attualità, degli eventi del giorno, seguire la cronaca politica da giornalista, perché non lo sono e perché credo sia poco efficace a far capire alla gente il motivo per cui il nostro Paese, almeno per noi di Italia Terra Celtica, versa in questa penosa e disastrosa situazione, prima ancora che economica, morale e sociale.

La politica spesso riaccende passioni sopite, ma spesso inasprisce tutto ciò che nell’animo c’è di debole e così capita di assistere, come purtroppo in passato è già più volte accaduto, a spettacoli indecenti come quello andato in scena ieri tra le mura del Senato della Repubblica.

In gioco c’era la fiducia al governo Conte, un governo massacrato da tutti i media sin dal giorno del suo insediamento; un governo del quale, un giorno sì e l’altro pure, tanto la sinistra quanto la destra, ammesso e non concesso che in Italia esistano, auspicavano la caduta, vuoi per andare a nuove elezioni, vuoi per dar vita all’ennesimo governo tecnico non espresso dagli elettori. Insomma, alla fine è andata come volevano tutti gli esclusi dalla stanza dei bottoni e come voleva la Lega, quindi, la maggioranza dei Senatori avrebbe dovuto, indipendentemente dall’appartenenza politica, stappare del buon vino italiano e brinare e invece no, ancora una volta ci è toccato sorbirci parole piene d’odio provenienti soprattutto dai banchi di chi si professa di sinistra a da quelli dei 5 Stelle, tutta gente buonina, brava, attenta al sociale, piena di premura verso i più deboli, gente, però, che ha la pretesa, “democratica” per carità, di farsi finanziare la bontà d’animo verso i bisognosi dalle tasse degli italiani, ai quali, come forma di gratitudine, nel giro di pochi anni è stato cancellato il diritto alla pensione ad un’età che non sia prossima al decesso; il diritto ad una sanità pubblica funzionante e non collassata sotto il peso del peloso buonismo di sinistra; il diritto alla sicurezza grazie a leggi, non me ne voglia Salvini, che sembrano addirittura premiare chi delinque; il diritto al lavoro, soprattutto se si ha la folle pretesa di essere pagati regolarmente e di lavorare in condizioni accettabili nel rispetto dei contratti collettivi nazionali, invece, continuamente calpestati dalla stragrande maggioranza degli industriali, finanzieri, banchieri e imprenditori.

Insomma, è vero che l’Italia in questi giorni, soprattutto al nord, è funestata dai temporali, ma è anche vero che se così non fosse, se il cielo fosse stato, lungo tutto lo Stivale, luminoso, rischiarato da una miriade di stelle, i nostri Senatori, quelli espressi dal popolo elettore nel marzo dello scorso anno, ci avrebbero comunque offerto l’indecoroso spettacolo che solo gente collerica e capricciosa è in grado di offrire. Retorica, insulti nascosti dietro un italiano parlato appena decentemente, da molti letto riga dopo riga perché non in grado di esprimere un pensiero proprio e sincero, questo hanno regalato i rappresentanti del popolo ai loro elettori e questo mentre ogni giorno si ingrossano le fila di uomini e donne che perdono il lavoro; di commercianti e piccoli imprenditori in crisi; di padri divorziati che perdono casa e figli; di nuovi poveri che bussano alle porte delle Caritas e delle parrocchie, che inevitabilmente saranno costretti ai margini della società, magari a delinquere, magari pronti a votare i prossimi che gli prometteranno casa e reddito solo perché respirano, magari aggiungendo anche la promessa di un mese di ferie a carico dell’Inps.

Siamo il paese del “chi più ne ha, più ne metta”, c’è stato il Matteo Renzi da Firenze, che dopo essersi lungamente specchiato, vistosi magnifico, decise di elargire 80 euro, secondo calcoli astrusi, a milioni di italiani, poi, è arrivato il Luigi Di Maio da Napoli, mica uno scherzo, questi, grazie ai saggi suggerimenti del Grillo parlante da Genova, secondo calcoli ancora più astrusi, è riuscito ad ottenere, con l’incredibile voto favorevole della Lega, addirittura il “reddito di cittadinanza”. Restiamo ora in attesa di chi arriverà a promettere ai più disagiati, non i milioni di posti di lavoro di berlusconiana memoria, in Italia nessuno vuole lavorare in cambio del voto, bensì diploma e laurea, magari sotto lo slogan “più titoli di studio per tutti”, poi, appurato che a nessuno interessa avere un elettorato istruito, ma diplomato e laureato sì, si passerà al mese di ferie o in alternativa ad una crociera per due settimane, venduta politicamente come propedeutica alla conoscenza di altri luoghi e civiltà, o come necessaria al morale di chi non ha e non cerca lavoro. L’Italia d’altronde ha quasi santificato il “grande” economista di sinistra, Romano Prodi, che promise agli italiani, quando traghettò il Paese nell’area euro, più soldi e meno lavoro per tutti.

Ora, anche i più sinistrati a sinistra della sinistra dovrebbero essere riusciti a capire quanto possono valere le promesse dei politici espressione della partitocrazia romanocentrica, ma ogni volta che Roma chiama alle urne, ci si è costretti a ricredere, gli italiani pare siano esclusivamente interessati a farsi del male esercitando il diritto di voto.

Ora, certo, ci sarà la crisi di governo, ma stiano tutti tranquilli, non succederà nulla di peggio di quanto sarebbe potuto succedere se il governo Conte non fosse caduto. Partitocrazia romanocentrica è anche questo, non conta se il governo c’è, non conta chi governa, le cose dal dopoguerra ad oggi, fatta salva la parentesi della ricostruzione, periodo nel quale lavoro ce n’era per tutti e periodo nel quale chi ha potuto ha rubato di tutto e di più, sono sempre e solo peggiorate, magari non per tanti affiliati al regime partitocratico; magari non per tanti che hanno usufruito di immeritati benefici dovuti a leggi assurde e dannose per il Paese, ma certamente per l’Italia che è riuscita ad accumulare, visto il proprio Pil, il debito pubblico più alto al mondo ed è anche riuscita a creare un buco plurimiliardario nelle casse dell’Inps, unicamente foraggiate dai lavoratori dipendenti del settore privato, gli unici a versare, gli unici che non andranno mai in pensione.

E vogliamo perdere tempo a parlare di crisi di governo?

Noi siamo qui, se davvero gli italiani esistessero, se davvero amassero la loro Terra, i loro figli, se davvero volessero fare uno sforzo per cercare di uscire dal letamaio nel quale volontariamente si sono infilati, noi ci siamo, non credo in eterno, anzi, vista la vigliaccheria dell’elettorato nostrano, credo che presto il potere partitocratico, meravigliosa dittatura mascherata da democrazia, ci spazzerà via.

Torre Canavese 20 agosto 2019

IL Segretario Federale

Paolo Bini

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