Media, Cultura e Informazione
Ormai la società, la nostra non fa eccezione, è dominata dai mezzi di comunicazione, televisioni, radio, stampa e internet che, se è vero che hanno consentito di accorciare sempre più le distanze tra i popoli, hanno però investito la sfera privata delle persone, cambiando il loro sapere, le loro abitudini e il loro modo di pensare. Ciò a cui si assiste, a cui non avremmo voluto assistere, è la massificazione culturale. La gente, bombardata di notizie e di opinioni preconfezionate, sta perdendo la capacità di porsi criticamente nei confronti degli eventi e il pensiero e il linguaggio dei più è ormai quello imposto dai media. Le identità degli individui e quindi dei popoli vengono appiattite su modelli prestabiliti attraverso la diffusione di una pseudocultura di massa e questo, sia chiaro, non perché i media diffondano necessariamente falsità, ma perché, rispondendo alle esigenze dei loro padroni, inducono a falsi bisogni, che vengono presentati come indispensabili, anche a quei popoli che mancano dei primari beni di consumo. Per non rischiare di perdere le proprie radici, quindi, è opportuno che ogni civiltà torni ad essere consapevole dei propri costumi, della propria storia e della propria identità. Noi su questi argomenti abbiamo promosso diversi incontri con la popolazione, abbiamo cercato di sensibilizzare la gente sul tema: “Media, Informazione, Cultura”. Abbiamo sempre creduto si dovesse rigettare la “globalizzazione culturale”, che è poi alla base di quella “globalizzazione economica” che tanti danni sta causando nel mondo e nella nostra Italia. La globalizzazione spazza via i governi, buoni o cattivi che siano, riduce l’uomo a un numero, vive di fredde statistiche che non tengono conto dei bisogni dell’anima e riduce tutto ad una sola questione di costi. Gli unici a trarne profitto sono i grandi banchieri e finanzieri che possono decretare fortune o sfortune di intere nazioni.
Noi, nei tanti incontri con la popolazione, di questo avvincente, ma dimenticato tema, abbiamo voluto discutere con la gente, sentire le opinioni dei cittadini e abbiamo notato come, se affrontato con entusiasmo e voglia di comunicare, il tema “Cultura e Informazione” interessi e attragga molto più pubblico della solita politica urlata dei partiti, che per non mostrare piazze e locali deserti si avvale degli iscritti e dei militanti a cui far recitare davanti ai media il ruolo del pubblico plaudente. Ci siamo resi conto di quanto gli italiani abbiano voglia di sapere, abbiano voglia di capire il perché, più tasse si pagano, più si sprofonda verso il fallimento della Nazione. Abbiamo dimostrato come sia possibile, leggendo fra le righe dei quotidiani e interpretando nella giusta maniera le notizie televisive, capire che il grosso male dell’Italia, quello che fa chiudere le aziende, le attività commerciali, gli artigiani; quello che provoca disoccupazione e disperazione, sia la corruzione insita nella politica romanocentrica. Abbiamo anche dimostrato come sia errata la convinzione diffusa, secondo la quale i media abbiano prodotto per effetto di propagazione un allargamento della cerchia dell’opinione pubblica, infatti, l’opinione pubblica poggia sull’argomentazione razionale, sul convincimento, sulla forza del ragionamento, mentre l’opinione di massa si alimenta di suggestione e della demagogia dell’esteriorità. Questa contrapposizione tra suggestione e ragione, populismo e democrazia, conformismo e ricchezza spirituale, cultura e incultura, di fatto, al giorno d’oggi, è più antagonista di quella fra “destra” e “sinistra” che resta comunque interna alla sfera razionale della politica. E’ dunque una questione di metodo, argomenti e percezione, quindi, se solo non ci si appiattisse sulla “cultura” di massa imposta dai padroni dei media, le scelte dei cittadini sarebbero certamente più libere e consapevoli. Ma questo è ciò che non vuole il regime partitocratico, che preferisce masse ignoranti a cui dar da bere qualunque stupidaggine ed a cui poter continuare a vendere, in cambio del voto, qualunque tipo di promessa destinata a rimanere tale. La difesa da attuare non sta nel non guardare più la televisione o nel non comprare più il giornale, nemmeno, come vorrebbero far credere alcuni partiti, nel comprare solo alcuni giornali o ascoltare solo alcune trasmissioni, nossignori, la difesa sta nel leggere e nell’ascoltare tutto e nell’imparare a decifrare le notizie. Poi, cosa assolutamente irrinunciabile per riuscire in quest’esercizio, non rinunciare alla nostra cultura, alla nostra storia ed alle nostre radici, è questo l’unico modo per riconquistare la libertà, per poter scegliere con consapevolezza e per condividere l’immensa ricchezza di informazioni dimenticate, o spesso relegate nei “titoli di coda” delle trasmissioni o nelle ultime pagine dei giornali. Ognuno di noi è nel mondo con il proprio vissuto e le proprie esperienze e queste, negli incontri e nei convegni tenuti ci hanno dato modo di condividere con il pubblico il plusvalore e la ricchezza che ogni esperienza ci ha portato.
Le informazioni che risalgono dalla nostra storia, che è giusto tramandare, è giusto reinserire nel nostro dna, devono permetterci di creare un’identità forte, libera dai condizionamenti dei media asserviti al potere politico e finanziario, devono farci uscire dalle nuove forme di controllo e di censura che ci vengono calate dall’alto nell’indifferenza globale. Solo non permettendo ad altri di scrivere la nostra storia possiamo tornare padroni del nostro presente e impedire che ci cancellino il futuro.
Il Segretario Federale
Paolo Bini