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Lavoro e rilancio economico, cose impossibili nel nostro regime partitocratico

by / giovedì, 09 maggio 2019 / Published in Economia e lavoro

Allora, mentre imperversano le discussioni sulla “Via della Seta”, sui nostri accordi commerciali con la Cina, mentre veniamo additati come pericolosi incoscienti che si apprestano a divenire il “Cavallo di Troja” attraverso il quale i cinesi invaderanno l’Europa minando alle fondamenta lo stesso Patto Atlantico e mentre un giorno si e l’altro pure la “Tav” è argomento con il quale riempire trasmissioni televisive e quotidiani, io vorrei, umilmente, segnalare una cosa, un problema del quale nessuno parla, ma che secondo me sarebbe molto importante risolvere nel più breve tempo possibile. Mi riferisco al “Tax freedom day”, tradotto, il giorno dell’anno in cui finiamo di pagare le tasse. Questo per i comuni cittadini cade nei primi giorni di giugno e per le piccole-medie imprese, motore economico del Paese, invece, può arrivare a protrarsi sino all’ultima settimana di settembre.

Una follia? Certamente, ma una follia resa possibile dalle incredibili quanto immotivate scelte elettorali del popolo, produttore, regista e attore principale della propria rovina. Nel mondo, chi ha la fortuna di poter scegliere, normalmente sceglie di lavorare per vivere dignitosamente; per aiutare i propri figli a costruirsi un futuro; per mettere da parte qualcosa che gli permetta di affrontare momenti difficili, magari di salute, in Italia no! Da sempre si è cercato di peggiorare le cose, si sono buttati migliaia di miliardi di lire nella Cassa del Mezzogiorno riuscendo nell’incredibile impresa di aggravare addirittura i problemi del nostro Sud; anno dopo anno si sono accettate passivamente riforme che hanno fatto del “mondo del lavoro italiano” uno dei più pericolosi fra quelli dei Paesi occidentali, in parole povere, da noi le morti sul lavoro sono quasi quotidiane; nell’assurda lotta politica tendente a limitare le differenze di salario fra le varie categorie di lavoratori, si è arrivati a promuovere adeguamenti di stipendio che hanno comportato il livellamento verso il basso per tutti, con buona pace di chi continua a sperare nell’aumento dei consumi; la corruzione, poi, continua ad essere cosa di tutti i giorni, le cronache, seppur ampiamente e continuamente edulcorate, non possono fare a meno di informare come, due partiti su tutti, Pd e Forza Italia, siano infarciti di indagati e pregiudicati, insomma, ovunque i popoli possono scegliere, cercano, attraverso l’esercizio del voto, di migliorarsi la vita, gli italiani no! Loro, imperterriti e convinti, cercano, riuscendoci, a peggiorarsela sempre ogni volta di più. Ormai il “lavorare per vivere” è diventato un ricordo, da noi, esattamente come accade negli Stati Uniti d’America, Paese “amico”, sempre preso ad esempio dai nostri politici romanocentrici e dagli stolti che si fermano alle apparenze, si è ormai ridotti a “vivere male per lavorare sottopagati”.

Che dire, di conquista sociale in conquista sociale, correndo sempre in soccorso di chi aveva avuto l’ardire di promettere di più, si sono gettati nel cesso diritti fondamentali, normalmente propri dei Paesi più civili e politicamente liberi ed emancipati. Pensioni, istruzione, salute, sicurezza, lavoro, ormai vengono dopo tutto, certamente dopo il diritto, a quanto pare inalienabile, che la partitocrazia romanocentrica, confortata dai continui mandati elettorali ricevuti dagli italiani, ha fatto suo, ovvero il diritto di disporre della vita, dei risparmi e dei guadagni dei lavoratori.

Il bello o il brutto di tutto questo, fate voi, è che volendo si potrebbe ancora uscire dalle sabbie mobili partitocratiche e il fatto, sin troppo acclarato, che non ci sia nessuna avvisaglia che ciò possa avvenire nel breve, ma neanche nel medio termine, la dice lunga su quello che veramente vuole il popolo italiano. Evidentemente a nessuno frega nulla di vivere in un Paese dove la democrazia è allo sfacelo, altroché “made in Italy”, il nostro vero “marchio di fabbrica” sembra essere diventato il dilettantismo professionale, la spregevolezza individuale e l’inettitudine mentale. La Democrazia (dal greco antico: Démos: popolo – Kràtos: potere) nasce dal basso, nessuno, la storia ce lo insegna, è disposto a regalarla; la Democrazia è il suo popolo e lo stato di salute in cui versa è speculare al corpo sociale che la caratterizza. Essa prospera solo in virtù delle qualità etiche dei cittadini chiamati ad esprimerla e difenderla; essa è tanto più compiuta e vera quanto più i cittadini si impegnano, partecipano, mettono le loro competenze al servizio del bene comune nella consapevolezza del valore della propria cittadinanza e della propria libertà di uomini e cittadini.

La Democrazia, quindi, nasce dalla responsabilità degli uomini, dei cittadini che la esprimono, non si compie attraverso il voto clientelare, né attraverso lamentele e piagnistei, nemmeno mostrando, senza vergogna, servilismo a 360° nei confronti dei potenti di turno e neanche andando a caccia di raccomandazioni esibendo qualifiche, diplomi o titoli accademici figli di una scuola drogata dall’ignoranza e da patologica carenza d’istruzione. La Democrazia richiede conoscenza e consapevolezza dei propri diritti e degli speculari doveri, bisogna capire che prima di tutto bisogna essere governanti di sé stessi con l’esempio e l’onestà perché è attraverso l’esempio e l’onestà che si crescono le nuove generazioni ed a queste si fa capire l’importanza della parola DEMOCRAZIA, che mai più, se si ha il coraggio di essere italiani e di compiere piccoli gesti quotidiani quali impegnarsi nella formazione, nel lavoro, nel rispetto per il prossimo, nella cura del territorio denunciando il malaffare, gli abusi di potere e stigmatizzando la corruzione, la vigliaccheria morale e la delinquenza di chi con le proprie azioni minaccia ciò che è pubblico e comune, dovrà rimanere vittima della partitocrazia.

Il Segretario Federale

Paolo Bini

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