La paura non può diventare una scusa
Allora, credo che mai come oggi le masse siano influenzate dalla paura. Sino a qualche anno fa, a seconda di come la si pensava, c’era chi manifestava la paura per il comunismo, altri per una deriva capitalistica, qualcuno agitava lo spauracchio del possibile ritorno del fascismo. C’era chi sfilava e manifestava contro le guerre, quasi sempre “pacificamente”, provocando danni del tutto simili ad un conflitto militare, mettendo a ferro e fuoco le piazze e le strade che ospitavano le manifestazioni. Ciclicamente, poi, c’era chi manifestava, in ordine, quasi a “orecchie basse”, senza mai uscire dalle righe, contro la mafia e contro il racket delle estorsioni, insomma, tutti hanno sempre manifestato per esorcizzare le proprie paure, ma ora è diverso. Ora la gente ha paura di morire, ora tutti, seppur con sfumature diverse, hanno preso coscienza che in ballo c’è la vita. Tutti, anche coloro che scendono nelle piazze a gridare la loro rabbia contro le chiusure imposte dal governo di molte attività commerciali, sono perfettamente a conoscenza del fatto che non esiste rischio di comunismo o di fascismo, il rischio oggi è quello di morire. Di morire per colpa di un virus che alla fine dello scorso anno è comparso improvvisamente nel mondo, in un mondo perennemente in guerra; in un mondo dove i governi degli stati più progrediti non riuscivano nemmeno a trovare un accordo sull’emissione dei gas serra; in un mondo ormai sacrificato quasi interamente al pagano dio denaro, quindi, nella quotidianità, acclarato che il nostro sistema sociale, così come è stato strutturato grazie alla colpevole assenza di controllo da parte dell’elettorato, è più che mai dipendente dalla “crescita” e dai “consumi”, credo non sia assolutamente banale ripensare seriamente e con costrutto alle nostre abitudini. Già prima era a rischio a causa di scellerate scelte politiche, ma oggi il sistema lavoro ed i rapporti tra generazioni così come la tutela degli ecosistemi sono molto più che a rischio e se nulla verrà fatto, organizzato con grande e attenta visione di ciò che ci attende, sarà il default della nostra società. O si diventa consapevoli che la democrazia politica ha una grande correlazione con il sistema economico, quindi, con la salvaguardia dell’ambiente e della salute, oppure si naufraga tutti insieme, con tutti, come sta accadendo, pronti a dare la colpa a tutti. Nei fatti, oramai ineludibili, difficili da leggere solo per chi soffre di analfabetismo cronico, le masse hanno assistito, inermi, anzi, inebetite, al concentramento del potere politico nelle industrie e nelle associazioni economiche, come le banche e le grandi aziende multinazionali, anche private. Nei fatti, i centri di potere politici ed economici, oggi si scontrano sul fronte dell’emergenza “covid19”, emergenza voluta, creata da chi non conosce etica politica e da chi non ha mai dato alcun valore alla vita, tanto che mai come in questo caso è valido il detto: “segui il denaro, troverai il colpevole.” E’ il momento in cui bisogna pensare ai paradigmi produttivi, credo che l’Occidente abbia toccato il limite e che sia necessaria una rigenerazione delle prerogative democratiche, urge ripensare un nuovo modello di sviluppo e un nuovo modo di fare politica a meno che i popoli, al ristretto gruppo transnazionale che governa i governi e le economie occidentali, non decidano di offrire l’ennesima opportunità di spostare ulteriormente il limite, di passare sopra le vite umane nel nome del Pil, della crescita e dei consumi. Ora, è ovvio che Italia Terra Celtica non potrà mai cambiare il mondo, ma è altrettanto ovvio che dal mondo non si farà mai cambiare. Allo stesso modo, è chiaro che questa Italia va cambiata, ragionate, sforzatevi, non nuoce alla salute, come si può tenere in vita questa classe politica che nel suo massimo sforzo organizzativo e mentale, mentre aveva dimostrato di non essere stata nemmeno in grado, in oltre tre mesi, di coprire il fabbisogno, per giunta a pagamento, di mascherine, è riuscita a pensare e progettare i banchi a rotelle, le campane in vetroresina per studenti o i separè in plexiglas per chi volesse prendere il sole sulle spiagge? Insomma, non posso pensare che l’Italia sia diventata questa, solo questa! Un Paese quasi interamente abitato da imbecilli capaci esclusivamente di pavoneggiarsi per ciò che non sanno fare! L’Italia va cambiata, non si può rimanere in ostaggio di questa politica, basata sul trasformismo, sull’impossibilità di alternanza, sulle coalizioni, sulla cooptazione e sul consociativismo. L’Italia va cambiata, smettiamola con l’astratta teorizzazione che definisce il nostro Paese uno “Stato democratico fondato sulla resistenza”, la realtà è un’altra e forse il “covid19” l’ha addirittura accentuata. L’Italia è di fatto uno Stato permeato dall’arbitrio, dalla corruzione, dalle confusioni dei ruoli spesso affidati a gente “confusa” ma di grande curriculum, dal clientelismo, dal commercio delle assunzioni e dalla lottizzazione dell’informazione. L’Italia va cambiata, potremo cambiarla, anche molto in profondità, potremo riportare, attraverso una vera riforma federalista, la democrazia là dove oggi impera la partitocrazia romanocentrica, ma per farlo servono gli iscritti, i militanti, i voti, servono gli italiani, ma non quelli che urlano, piangono, strepitano, spaccano vetrine e bruciano cassonetti dell’immondizia col solo intento di ottenere elemosina da questo stato estorsore. Per cambiare, almeno a casa nostra, c’è bisogno di gente onesta, che rigetti la criminalità organizzata del regime romanocentrico, le persecuzioni ed i taglieggiamenti da sempre utilizzati dal fisco italiano per reperire denaro fresco fra il popolo dei produttori. Denaro da sempre utile a comprare il voto di milioni di nullafacenti sempre col “cappello in mano”, gente in continuo aumento, alla ricerca di reddito senza lavorare e di casa senza doverla comperare; gente disposta a sostenere la politica partitocratica del trasformismo, che io non ho difficoltà nel definirla come la prassi più dozzinale del nostro mondo politico maggiormente sottosviluppato.
Il Segretario Federale
Paolo Bini