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Italia patria dell’economia criminale

by / mercoledì, 16 marzo 2016 / Published in Economia e lavoro

Quando sento Renzi che continua, come se nulla fosse, come se vivesse altrove, a magnificare un’Italia ormai prossima all’uscita dalla crisi, quando sento i suoi ministri parlare di ripresa economica, mi viene da pensare che stiano parlando del grande successo, che nel nostro Paese continua ad ottenere la criminalità organizzata e l’economia che questa mette in moto. E’ risaputo, infatti, che l’economia criminale è l’unica parte di economia nazionale che non ha risentito della crisi, ma che anzi da questa ha tratto giovamento, nuovo spunto e nuovo vigore.

Pochi numeri, tanto perché, chi rifugge dalla drogata informazione ufficiale, possa rendersi conto di quanto sta accadendo in Italia, già nel 2013 la Guardia di Finanza dichiarò che il denaro sporco immesso nel sistema economico italiano era superiore al 10% del prodotto interno lordo e sottraeva qualcosa come 75 miliardi di euro al fisco, sempre nel 2013, analizzando il quinquennio precedente, si stabilì che le operazioni sospette segnalate all’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia erano aumentate del 212% con regioni come la Lombardia, il Lazio, la Campania, il Veneto e l’Emilia Romagna che spadroneggiavano su tutte le altre per il numero di segnalazioni, quasi 5.000 in Emilia Romagna per arrivare alle 11.575 della Lombardia.

Riciclaggio ed economia criminale sono due mali che si tengono per mano, che si autoalimentano, che strozzano l’economia di un Paese, che impediscono agli imprenditori onesti di fare il loro lavoro, che minano e corrompono la giustizia, che mettono in moto una concorrenza sleale nei confronti di chi imprende onestamente, oltretutto zavorrato da un fisco che pare quasi complice, per come agisce, delle bande criminali che traggono la loro ricchezza dal narcotraffico, dalle estorsioni, dallo sfruttamento della prostituzione, dell’immigrazione clandestina e dalla contraffazione.

Si va avanti a stime e studi, però, lo Stato si guarda bene dall’intervenire e nonostante i numeri dicono che oltre il 40% dei proventi riciclati dalle cosche calabresi vengono reinvestiti in Piemonte, Liguria e Lombardia, in settori quali appalti pubblici, smaltimento rifiuti, giochi e scommesse, si continua a non fare nulla. Si sa, il maggiore delinquente, quello che non viene mai perdonato da questo Stato partitocratico e chi, per legittima difesa, è costretto ad evadere qualche tassa o chi, per lo stesso motivo è costretto a difendersi dal bandito di turno che gli assalta casa o negozio.

Stiamo affondando nelle sabbie mobili di un’economia finta, siamo tenuti in vita da interessi politici che con l’Italia e gli italiani non hanno nulla a che fare e tutto è confermato da numeri che il popolo si rifiuta di conoscere preferendo assurdi dibattitti sulle barricate anti immigrati o sulle coppie di fatto e così, mentre già nel 2014 Banca d’Italia stimava in circa 200 miliardi di euro i capitali italiani illegalmente migrati in Svizzera, nessuno ha mai pensato di chiedersi: “Ma se in Svizzera ci sono 200 miliardi sfuggiti al fisco, nei paradisi fiscali veri, tipo Cayman, quanti miliardi di euro italiani sfuggiti al fisco ci sono?!”

Nessuno ce lo dirà mai, perché, probabilmente, là sono i miliardi dei veri evasori, dei grandi industriali e dei politici potenti, quelli che impongono sempre nuove “stagioni di caccia” con nel mirino i risparmi dei lavoratori e dei pensionati.

Così si vivacchia fra aziende che chiudono e marchi storici, dall’industria alla moda, passando per l’agroalimentare, un tempo orgoglio del made in Italy, che finiscono nel paniere delle grandi multinazionali straniere, alcuni nomi, tanto per destare il necessario allarme, tanto per far capire anche ai più duri di comprendonio che è giunta l’ora di affrancarsi dai partiti romanocentrici che stanno decretando l’annientamento dell’Italia, Indesit, Fassi, Krizya, Frau, Bulgari, Fendi, Gucci, Pernigotti, Star, Bertolli, Rigamonti, Orzo Bimbo, San Pellegrino, Antica Gelateria del Corso, Buitoni e Perugina non sono più italiani, americani, svizzeri, francesi, arabi, russi e brasiliani hanno fatto razzia del “made in Italy” sotto gli occhi di un popolo cieco e di politici incapaci e collusi.

Altroché ripresa e nuove opportunità di lavoro, ci stanno portando via tutto, l’unica cosa che ci lasciano e che esportano in Italia è l’attività di riciclaggio, da noi posta al riparo di leggi assurde, interpretate ancora più assurdamente da chi deve farle applicare e che garantiscono, in caso di condanne, pene a dir poco ridicole.

Cosa vogliamo diventare, qual è l’aspirazione del popolo italiano?!

Sinceramente non so se continuando così si possano ancora avere due o tre anni di vita prima dell’inevitabile default, non so cosa abbiano in serbo per noi i nostri padroni stranieri, quello che so e che come italiani meritiamo davvero poco e tutto quanto stiamo raccogliendo ancora non corrisponde a quanto di marcio e avariato abbiamo seminato in anni e anni di menefreghismo.

Il Segretario Federale

Paolo Bini

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