Gran pasticcio nel rapporto sui decessi. Per l’ISS gran parte dei morti non li ha causati il Covid
Pubblichiamo di seguito l’editoriale a firma Franco Bechis uscito su “Il Tempo” in data 21 ottobre 2021. Chissà, la penna di di una fra le più importanti e autorevoli firme del giornalismo italiano, potrebbe servire, come noi auspichiamo, a risvegliare le coscienze da troppo tempo sopite degli italiani.
Secondo il nuovo rapporto (che non veniva aggiornato da luglio) dell’Istituto superiore di Sanità sulla mortalità per Covid, il virus che ha messo in ginocchio il mondo avrebbe ucciso assai meno di una comune influenza.
Sembra un’affermazione strampalata e da no vax, ma secondo il campione statistico di cartelle cliniche raccolte dall’istituto solo il 2,9% dei decessi registrati dalla fine del mese di febbraio 2020 sarebbe dovuto al Covid 19.
Quindi dei 130.468 decessi registrati dalle statistiche ufficiali al momento della preparazione del nuovo rapporto solo 3.783 sarebbero dovuti alla potenza del virus in sé.
Perché tutti gli altri italiani che hanno perso la vita avevano da una a cinque malattie che secondo l’ISS dunque lasciavano già loro poca speranza.
Addirittura il 67,7% ne avrebbe avuto insieme più di tre malattie contemporanee, e il 18% almeno due insieme.
Ora personalmente conosco tanta gente, ma nessuno che abbia la sfortuna di avere cinque malattie gravi nello stesso tempo. Vorrei fidarmi dei nostri scienziati, poi vado a leggere i malanni elencati che sarebbero ragione non secondaria della perdita di tanti italiani e qualche dubbio da profano comincio a nutrire. Secondo l’Iss il 65,8% degli italiani che non ci sono più dopo essere stati infettati dal Covid era malato di ipertensione arteriosa, e cioè aveva la pressione alta. Il 23,5% era anche demente, il 29,3% aggiungeva ai malanni un po’ di diabete, il 24,8% pure fibrillazione atriale.
E non basta: il 17,4% aveva già i polmoni ammalati, il 16,3% aveva avuto un cancro negli ultimi 5 anni; il 15,7% soffriva di scompenso cardiaco, il 28% aveva una cardiopatia ischemica, il 24,8% soffriva di fibrillazione atriale, più di uno ogni dieci era anche obeso, più di uno su dieci aveva avuto un ictus, e altri ancora sia pure in percentuale più ridotta aveva problemi gravi al fegato, dialisi e malattie auto-immuni.
Sarà tutto vero, non metto in dubbio i nostri scienziati. Ma se non è il virus ad uccidere gli italiani, allora mi spiegate perché la scienza ha imposto tutto quello che abbiamo visto in questo anno e mezzo abbondante? Dalle mascherine, al distanziamento, al lockdown e così via? E come facevamo ad avere quasi 126 mila italiani ridotti in quelle condizioni con 3, 4 o 5 malattie gravi, destinati comunque ad andarsene se anche non fosse mai esistito il coronavirus in poco tempo? Quei numeri sarebbero un atto di accusa clamoroso nei confronti del sistema sanitario italiano da cui pure provengono. Uso il condizionale perché qualche dubbio ho su quel che viene scritto fin dal primo giorno in quel rapporto. Che risente come ogni comunicazione dell’Iss o del Cts delle direttive governative fornite via via durante i mesi, che sono state il vero e unico faro di quelli che continuiamo a chiamare “scienziati”.
All’inizio il governo allora in carica, quello di Giuseppe Conte, mentre l’Italia mostrava di essere il paese del mondo più impreparato e pure incapace di affrontare la pandemia, chiedeva dati per tranquillizzare gli italiani. E ricordo bene le conferenze stampa settimanali Iss e protezione civile in cui questi decessi venivano sempre minimizzati, ponendo sempre l’accento sulle molte patologie riscontrate in chi non ce l’aveva fatta. Bisognava dire che questo virus non uccideva in sé, ma accompagnato ad altri malanni in persone fragili poteva affrettare una fine che comunque era vicina. Poi in periodo di campagna vaccinazioni l’esigenza governativa è diventata quella diametralmente opposta: drammatizzare e spingere chiunque verso la salvezza delle fiale messe a disposizione. Ma si sono dimenticati di aggiornare le istruzioni sul rapporto mortalità, che ha seguito nella sua pubblicazione sempre più diradata nel tempo e mai tambureggiata, l’impostazione data all’inizio. Una gran confusione dunque, che alimenta anche paure e irrigidisce resistenze ancora di qualche milione di italiani che alla vaccinazione ha scelto di sottrarsi. Forse con un po’ meno propaganda, meno rigidità e più informazione corretta tutto questo non sarebbe così…
Franco Bechis nasce a Torino il 25 luglio 1962. Laureato nel 1985 in Filosofia all’Università degli Studi di Torino, successivamente inizia la carriera come giornalista economico. Inizia nelle radio e TV private di Torino. Dopo uno stage a Mondo Economico, settimanale del Sole 24 Ore, viene assunto a Il Sabato per la pagina economica; nel 1989 passa a Milano Finanza, sotto la direzione di Pierluigi Magnaschi. Dopo due anni ne è redattore capo. Trascorre qualche mese a La Repubblica, poi torna a Milano Finanza, di cui assume la vice direzione nel 1994 e la direzione nel 1999.
Dal dicembre 2002 al 2006 è Direttore responsabile del quotidiano Il Tempo. Dal 2006 al 2009 dirige Italia Oggi, mentre dall’agosto del 2009 al gennaio 2018 è vicedirettore di Libero[1].
Nel gennaio 2018 diventa Direttore del Corriere dell’Umbria e delle sue edizioni toscane e laziali (Corriere di Arezzo, Corriere di Siena, Corriere di Viterbo, Corriere di Rieti e della Sabina).Il 19 novembre 2018 ritorna alla direzione di Il Tempo.