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Giorgio Napolitano lascia il Quirinale, EVVIVA!

by / mercoledì, 14 gennaio 2015 / Published in Politica e riforme

Giorgio Napolitano si dimette, bene! Certo, tutto quanto di peggio poteva fare, ormai l’ha fatto, ma comunque la consideriamo una notizia positiva. Italia Terra Celtica, quindi, non si unirà al coro dei «rammaricati» perché consideriamo Napolitano uno dei peggiori presidenti della Repubblica con una faziosità, forse, seconda solo a quella di Oscar Luigi Scalfaro. Gli italiani, quelli che lavorano, pagano le tasse, quelli che risparmiano pensando al futuro dei loro figli, avranno certamente un grande nemico in meno. Allo zar rosso, imposto all’Italia dai “nipotini di Stalin” e dall’incapacità di fare politica da uomo libero da condizionamenti di Silvio Berlusconi, va sicuramente riconosciuta la responsabilità di averci dato in “dono” il governo Monti, il governo Letta ed in ultimo, il disgraziatissimo governo Renzi. Insomma, ci saranno migliaia e migliaia di italiani che potranno ringraziare il fu re Giorgio per aver perso il diritto alla pensione in un’età non troppo prossima alla morte; per avere ottenuto nel privato, qualsiasi esso sia, un  posto di lavoro precario e per avere lasciato per strada il diritto alla salute ed all’istruzione. L’Italia nei quasi nove anni di super presidenza Napolitano ha superato ogni record, europeo e mondiale, di tassazione ed è anche riuscita brillantemente a portarsi al comando della classifica Europea dei disoccupati.

Insomma, che dire, tutti i media, tranne 2 o 3 quotidiani, stanno facendo a gara per dire agli italiani che quello che sta lasciando il Quirinale è stato un grande Presidente della Repubblica, un uomo di valore, sensibile, capace di rappresentare al meglio l’Italia nel mondo. Noi pensiamo esattamente il contrario, noi crediamo che l’Italia nel mondo non conti nulla, anche perché si ostina a farsi rappresentare dal peggio che può offrire ed esprimere la partitocrazia romanocentrica. Da noi i Presidenti della Repubblica, tranne rarissime eccezioni, sono sempre stati il frutto marcio ottenuto attraverso mille compromessi fra i partiti e Napolitano, certamente, non è stato una di quelle rarissime eccezioni che, invece, in passato ha regalato all’Italia un Presidente dello spessore di Sandro Pertini.

Napolitano, piuttosto, ce lo possiamo ricordare per il patetico modo con cui, anche lui, ha gestito il rapimento di 2 nostri valorosi soldati, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, da parte del governo indiano, per aver ingerito nella politica interna come mai nessuno prima di lui, cosa che ha significato per il Paese, l’assurda ed incostituzionale nomina, da parte dell’ormai ex inquilino del Quirinale, di ben tre governi senza passare dal voto degli italiani.

Testimoni raccontano di come fu lui ad aizzare Fini contro Berlusconi promettendo al primo il posto di premier che gli elettori avevano affidato al Cavaliere di Arcore. Fallita per un soffio l’operazione ribaltone, Napolitano, come superbamente descritto nel libro di Friedman, avviò consultazioni clandestine con banchieri come Bazoli e Passera (poi divenuto Ministro nel governo Monti) e finanzieri, primo fra tutti Carlo De Benedetti (cittadino svizzero), per preparare il colpo di stato che regalò all’Italia il governo tecnico poi affidato a Monti. Ed ancora, dietro la scissione di Alfano, poi indispensabile per sorreggere il governo di Enrico Letta ed in ultimo quello guidato dall’ex sindaco di Firenze, Matteo Renzi, si è sempre potuta osservare la regia del Presidente partenopeo. Insomma, noi crediamo, come ben specificato nel nostro progetto per l’Italia, che la figura del Presidente della Repubblica sia inutile e poi, quando affidata a personaggi espressione pura della peggior partitocrazia, sia addirittura dannosa. Ma se vogliamo non uscire dallo specifico, di Napolitano ci resta un uomo che è andato, col compiacente plauso della quasi totalità dei media, ben oltre i suoi compiti ed i limiti stabiliti dalla Costituzione, lasciando, fra le altre cose, che si arrivasse all’arresto del leader dell’opposizione attraverso un processo puramente indiziario, falsato da troppe evidenti anomalie.

Noi che amiamo far politica dicendo le cose come stanno, senza ricorrere alla cancellazione della storia e senza edulcorare passato e presente, non possiamo non raccontare agli italiani di un giovane Giorgio Napolitano che entusiasta stringeva la mano al carnefice Stalin; che da giovanotto, già impegnato in cariche istituzionali al servizio del partito comunista italiano, benediva l’invasione sovietica dell’Ungheria e di un adulto Presidente della Camera dei Deputati che, come ha recentemente dichiarato Luigi De Magistris deponendo davanti al Tribunale di Roma, fu indagato dalla Procura di Napoli per “Tangentopoli” senza che mai nessuno ne sapesse nulla perché il suo nome venne secretato con atto straordinario e messo in cassaforte. Di un Napolitano, però, che nello stesso momento lo ricordiamo capace di spalancare le porte del Parlamento ai P.M. di “Tangentopoli” a caccia di politici e, soprattutto, a caccia dello scalpo di Craxi, di un Napolitano che non ha mai pagato, guarda caso, per i suoi errori e per i suoi orrori, anzi, ripagato dai compagni di merende con l’elezione al supremo soglio del Quirinale, cosa da lui ricambiata negli anni con tanto di spumeggianti interessi.

Riassumendo e benedicendo le sue dimissioni arrivate solo troppo tardi, ci ricorderemo senz’altro dei governi Monti, Letta e Renzi, figli di intrighi nazionali ed internazionali di cui Napolitano è stato garante e dell’aggravante, non secondaria, dei risultati disastrosi di cotanto tramare. Ci ricorderemo del suo fallimento politico che, al di là dell’essere la nostra opinione, è un fatto acclarato dalla precoce fine dei suoi prescelti, Monti e Letta e da un’economia che peggiora di mese in mese sotto la guida del parolaio di Firenze. Di lui un giorno leggeremo la vera storia, oggi, finalmente si volta pagina, non ne sentiremo la mancanza, ora c’è da sperare che il prossimo Presidente della Repubblica non debba più rispondere al profilo politico di Giorgio Napolitano.

Il Segretario Federale

Paolo Bini

 

 

 

 

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