E allora, finita la giornata dedicata alla più vomitevole ipocrisia, oggi nessuno si ricorda più di niente?!
Di seguito riportiamo quanto pubblicato dal professor Andrea Zhok sul proprio profilo social e quanto rilanciato dal canale Telegram “Giorgio Bianchi Photojournalist”. Credo non si possa cestinare la verità per poi coprirla con un mucchio di pericolose bugie made in U.S.A.. Forse i più ammaestrati alla scuola del “pensare fa male”, non se ne sono ancora accorti, ma presto, se nulla cambierà, saremo costretti a rispondere in vite umane, molte vite umane, al “gioco della guerra” che stiamo giocando, come al solito, senza nemmeno rendercene conto. B.P.
Le varie “giornate della memoria”, “giornate del ricordo”, ecc. rappresentano un ossimoro vivente.
Niente aiuta meglio a rimuovere la memoria storica, la comprensione e consapevolezza degli eventi, di queste celebrazioni sceneggiate, della loro retorica stantia, della loro rigida ripetitività.
La memoria storica che viene così promossa è solo una raffinata forma di cancellazione.
Perché?
Semplice, perché queste rievocazioni funzionano con una doppia clausola:
1) in primo luogo rievocano un evento nella sua interpretazione e apparenza convenzionale, come se possedessimo una fotografia esatta degli eventi del passato; così ci si può crogiolare nell’idea che non si ripresenteranno più; e ciò è serenamente sempre vero: la storia non si ripete mai identica, e se vi aspettate fez e camice brune dovete aspettare una rievocazione in costume.
2) in secondo luogo hanno la funzione di autoassoluzione anticipata rispetto a qualunque porcheria si sia fatta, o si intenda fare; infatti condannando un male passato ci si compra una confortevole certificazione di essere dalla parte del bene.
Queste grandi recite pubbliche servono dunque a chi detiene il potere per autoattribuirsi una patente di civiltà eliminando al tempo stesso tutte le riflessioni critiche, tutte gli approfondimenti di ciò che fu, e tutte le imbarazzanti analogie che una reale coscienza storica del male passato potrebbe tirare con il presente.
Così, di dissimulazione in dissimulazione, di copertura in copertura, si arriva ad esercitare la censura nel nome della “buona informazione”, a esercitare la discriminazione nel nome della preservazione della “salute pubblica”, ad alimentare la guerra nel nome della pace, a sostenere l’odio per intere nazioni nel nome della propria “superiorità civile”, insomma a mettere in campo (quasi) lo stesso apparato, (quasi) le stesse dinamiche, con (quasi) gli stessi argomenti del “male assoluto” che si sta condannando.
E ci si accoccola fieri nello spazio di quei “quasi”.
Mancando completamente di comprensione storica, questi personaggi immaginano che i protagonisti del “male assoluto” avessero piena coscienza di esserlo, girassero, per così dire, con un timbrino di malvagità sulla fronte e, come tutti i malvagi hollywoodiani, fossero orgogliosi di esserlo, scatenandosi in risate sataniche a beneficio di telecamera.
Gli manca quella elementare comprensione di ogni movimento storico di massa per cui chi lo cavalcava aveva sempre inizialmente ragioni che credeva invincibili, ed era certissimo di essere dalla parte giusta della storia. Proprio come loro.
Andrea Zhok
Nato a Trieste nel 1967, Andrea Zhok è professore di Filosofia morale presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. Tra le sue pubblicazioni monografiche ricordiamo: Il concetto di valore: dall’etica all’economia (2001), Lo spirito del denaro e la liquidazione del mondo (Jaca Book 2006), Emergentismo (ETS 2011), La realtà e i suoi sensi (ETS 2012), Rappresentazione e realtà (Mimesis 2014), Libertà e natura (Mimesis 2017) e Identità della persona e senso dell’esistenza (Meltemi 2018).