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Di peggio in peggio, indottrinati verso il pensiero unico

by / sabato, 01 maggio 2021 / Published in Cultura e informazione

“Peggio dei serpenti africani”, recita un verso di Quinto Orazio Flacco. Il poeta latino, nato in territorio dauno, si riferiva alla maga Canidia, non a Mario Draghi, non a Roberto Speranza e neanche a Luciana Lamorgese, ma solo perché il Tempo, vero signore universale, gli aveva regalato grande fortuna, quella di uscire vivo dalla rovinosa battaglia di Filippi dove perirono Bruto e Cassio e quella di non poter conoscere il nostro Capo del Governo e i suoi disastrati Ministri di punta.

Gente pericolosa, spocchiosa, supponente e antipatica, a tutti gli effetti il peggio, ma nello stesso tempo il meglio che la nomenklatura poteva mettere a difesa del maniero, dei  privilegi della “casta”.

Pare che la  politica mondiale, ciclicamente, abbia bisogno di trarre dalla storia la sua forza, quindi, nulla ci sarebbe da stupirsi, se prepotentemente si venisse precipitati in una devastante terza guerra mondiale.

Si sarebbe potuto investire sul rispetto dell’ambiente; si sarebbe potuto intervenire per creare ricchezza nei territori da sempre saccheggiati dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, ma si è scelto di ricorrere ad un virus. Si è voluto fermare l’economia, si è scelto di creare povertà e indigenza nell’indifferente e “democratico” Occidente ed oggi eccoci qua, capeggiati in tutto il mondo da governi fantoccio, pericolosi e iniqui. L’Italia, come al solito, in questi casi emergenziali, infarcita com’é di “nani”, “ballerine”, “scienziati” e “collezionisti di lauree e master”, brilla per sapere organizzare al meglio il disordine necessario alla causa del suo padrone americano. 

Così, i libri di storia, continuamente ritoccati e aggiustati in ossequio di chi detiene lo scettro insanguinato della “libertà”, dovranno presto subire un’ulteriore restyling perché pare che le nostre tanto omaggiate “democrazie”, quella italiana di gran lunga nelle posizioni di vertice a giocarsi il primato in un testa a testa appassionante con quella statunitense, stiano ricorrendo sempre di più ad un vocabolario del cui uso erano unicamente imputate le odiate dittature del ”900. Oggi il popolo è messo in un angolo, forse nell’angolo in cui merita di stare e il dibattito non è più sulle “leggi razziali” ma sull’obbligo vaccinale, così, quando un qualsiasi politico “dissidente” viene messo a confronto con i “grandi esperti” di pandemie al soldo del Governo, questi si sente rispondere in maniera preventiva: “Lei non sa chi sono io, lei è forse un medico, mi dica dove ha preso la laurea?” Invece, quando sono dei professori, dei medici o dei virologi “negazionisti” a obiettare sulle vaccinazioni di massa in occasione di confronti televisivi con colleghi asserviti alla ragion di Stato, a fare i censori, soprattutto nella TV pubblica, ci pensano i conduttori dei vari talk show.

Nell’ottobre del 1946 il Tribunale di Norimberga, lo stesso che condannò i gerarchi nazisti per crimini contro l’umanità, stabilì che la somministrazione di farmaci, contro la volontà del soggetto, fosse da ritenersi anch’esso un crimine contro l’umanità ed oggi, da Roma come da Washington, ci arriva la negazione del diritto di scelta, lo slogan è: “Chi non condivide afferma il falso”. Secondo i “democratici” governi filoamericani negare la validità del vaccino colpevole, anche se ciò è vietato dire, di oltre diecimila morti nel mondo, è da irresponsabili. La negazione, secondo loro è figlia della disinformazione, in parole povere, è ritornata la propaganda nazi-fascita secondo la quale chi la pensava diversamente aveva sempre torto. La stessa propaganda, lo stesso modo di pensare che fece mettere al bando Albert Einstein reo di avere teorie diverse sulla scissione dell’atomo rispetto a quelle degli scienziati a cui si era affidato il Terzo Reich. In questo caso, forse, siamo stati fortunati, la stessa cosa, però, non la possono dire i giapponesi che per primi saggiarono le teorie dello scienziato tedesco applicate agli interessi militari statunitensi.  Torniamo comunque in Italia e facciamolo in gran fretta perché qui viviamo, qui abbiamo messo al mondo i nostri figli e qui dobbiamo cercare di costruire per loro un futuro basato sulla Libertà, sulla Democrazia e sul Federalismo, è qui che ci dobbiamo battere con la forza delle idee e con la bontà dei progetti; è qui che dobbiamo far fronte comune contro l’indottrinamento partitocratico.

Oggi abbiamo un Presidente del Consiglio, che in occasione di qualsivoglia intervento pubblico e in ogni dichiarazione rilasciata alla carta stampata, lascia chiaramente trasparire che l’incarico conferitogli dal Presidente della Repubblica e confermatogli dalle Camere, sia stato da lui accettato esclusivamente per farci un favore. Dietro il suo manierismo, che gli impedisce di rispondere a qualsiasi domanda gli giunga da un comune mortale, mal nasconde l’arroganza che gli impone di ricorrere ad oscuri tecnicismi così da apparire ancor più colto. Ricorda un po’ quegli insegnanti di italiano, avanguardisti di sinistra, che ai miei tempi scolastici si ritenevano padroni di quella cultura sommaria tipica di chi sa tutto e non può essere importunato con delle domande banali. Ricorda Don Abbondio con il suo “latinorum” di “impedimenti dirimenti”, esclusivamente chiacchiere atte ad ingannare il povero Renzo. Ha lo sguardo da pesce bollito, il fare del gagà di provincia, il linguaggio di chi dice tutto senza che ci si capisca niente, il sorriso a solo uso e consumo di giornalisti e discepoli e corrisponde incredibilmente alla definizione di snob fornita dal Barucchi a fine ”800: “Quella persona la quale opera e parla in modo da parere diverso da ciò che è in realtà, più elegante, più ricco, più spregiudicato, più libero, più intelligente, più moderno ecc. ecc.” Insomma, l’uomo ideale, guarda caso eletto da nessuno, per condurre la Nazione là dove vogliono i nostri padroni, verso il baratro, dal quale si potrà solo più uscire chinando la testa e facendo ogni qual cosa verrà richiesta dai nostri “democratici” dittatori a stelle e strisce. Stiamo ad aspettare che qualcuno ci liberi dai “liberatori”, come al solito, piangendo, pregando, protestando ma non troppo, o proviamo, magari con fatica, a cercare nel profondo della nostra anima il coraggio necessario per scrollarci di dosso questa assurda oppressione?!

Il Segretario Federale

Paolo Bini

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