Di crisi in crisi, senza nessuna attenzione e voglia di cambiare
Io credo che il sogno di un’Italia libera dalla partitocrazia romanocentrica, forte economicamente, rispettosa dei diritti dei suoi cittadini, capace di far rispettare i doveri, di riconoscere la meritocrazia e di affrancarsi dai diktat statunitensi e dell’Unione Europea possa ancora divenire realtà. Certo non per merito di questo o quel partito e nemmeno per merito esclusivo di Italia Terra Celtica, sono gli italiani che devono cominciare a diventare italiani, che devono smetterla di farsi coinvolgere nelle faide politiche dei partiti romanocentrici, che devono amare la loro Terra e non viverla freneticamente alla ricerca di qualche favore, raccomandazione o di qualche veloce carriera capace di regalare unicamente l’illusione di un arricchimento che quasi sempre, poi, si rivela effimero, quando non addirittura solamente virtuale.
Oggi viviamo una crisi nuova, mai vista, alla quale non si era abituati. Quella degli anni 70, che i più ricorderanno come la crisi che costrinse gli italiani a viaggiare nei fine settimana a targhe alterne in confronto a quella che ci ha regalato la moneta unica e oltre mezzo secolo da “ascari” degli americani non fu nulla. Allora, seppur non in senso assoluto, si era padroni delle proprie scelte, nelle tasche degli italiani c’era la lira e il nostro debito pubblico non era nominato in valuta straniera come di fatto oggi avviene con l’euro. Comunque, tanto per non raccontarci delle frottole, fu proprio in quegli anni che l’Italia cominciò ad abdicare, la nostra classe politica, allora come oggi, si rivelò assolutamente inadeguata e inadatta a condurre e governare il Paese. Quelli furono anni costellati di occasioni sprecate, l’Italia si perse il nucleare e l’elettronica, la nostra politica, già allora arroccata unicamente a difesa della poltrona e dei privilegi assurdi che questa significava, rispose al ciclo di lotte aperto alla fine degli anni 60 con la “strategia della tensione” e con una spesa pubblica, a dir poco, disordinata. Quelli furono gli anni in cui il “vincolo esterno” divenne centrale nella nostra economia, Enrico Mattei, il fondatore dell’Ente Nazionale Idrocarburi, l’uomo che sognava e progettava un’Italia energeticamente indipendente, che si era ritagliato una grande autonomia all’interno del panorama politico italiano, che aveva una visione concettuale che lo portava a contrapporsi, attraverso un politica antagonista a quella del cartello petro-economico di natura anglo-americana, all’egemonia atlantica in Italia ed in Europa, era da pochi anni stato spazzato via con un vile attentato, all’epoca archiviato frettolosamente come incidente aereo e così, con il concorso di tutti i partiti politici, di centro, destra e sinistra, l’Italia scelse di rispondere a quella crisi, di natura petrolifera, tanto grave da generare un grosso squilibrio strutturale con l’estero, non con il controllo dei capitali e delle importazioni, bensì con politiche di tagli, deflazione e austerità. Tutto questo per essere chiari e per dare a chi ha voglia di leggere una lettura diversa, secondo noi veritiera, di quello che è stata ed è la politica dei partiti romanocentrici, questo per chiarire le origini della crisi che oggi, grazie alle continue, scellerate, scelte politiche della nostra classe dirigente, sta riducendo in ginocchio l’Italia.
Di fronte all’indifendibile, addirittura, l’ennesimo “bocconiano” tronfio di un sapere mai acquisito, Tommaso Padoa Schioppa, vicedirettore di Bankitalia dal 1984 al 1997, Presidente della Consob dal 1997 al 1998, Ministro dell’economia e delle finanze nell’ultimo governo Prodi, è anche riuscito a dire che l’euro ha il compito di insegnare la durezza del vivere alle recenti generazioni popolari che l’hanno dimenticata grazie allo Stato sociale ed alla quasi piena occupazione. Una follia?! Certo, ma i folli sino ad oggi li si è sempre scelti col voto!
Di fatto la politica italiana non è mai cambiata, la partitocrazia un po’ alla volta ha cancellato la democrazia, il centralismo romano ha fagocitato partiti nati federalisti oggi schierati al fianco di soggetti politici ultranazionalisti e così la disoccupazione da ciclica si è trasformata in strutturale con i nostri politici, tutti, non importa la colorazione, che hanno pensato bene di gestire il potere definanziando la sanità pubblica, colpendo le pensioni, indebolendo i lavoratori e le loro associazioni di categoria, facendo gravare le tasse sui salari, sino a privare lo Stato della sua sovranità economica, sacrificata alla produzione di avanzi primari utili al solo scopo di pagare il servizio del debito pubblico. Insomma, oggi come ieri, si è scelto di imporre l’austerità per rispettare il “vincolo esterno” tralasciando di aggredirlo con politiche di crescita, di controllo dei capitali e di giusto protezionismo, l’unica cosa che andava fatta! Oggi ci troviamo uno Stato impossibilitato a fare economia, l’Italia è stata svenduta, in parte regalata, anche la creazione dei Enrico Mattei, l’E.N.I., è stata privatizzata per il 70% e quando la rimanenza sarà, anch’essa finita nel portafoglio dei privati, della sovranità nazionale non rimarrà più nulla!
Ora, credo sia veramente giunto il momento, anche per il più distratto, anche per più il “furbo”, così come per il più “scemo”, di prestare la giusta attenzione a ciò che sta accadendo, credo fermamente che il sogno di un’Italia libera dal giogo partitocratico non debba essere abbandonato, ma credo altrettanto fermamente che se il sogno di Italia Terra Celtica non diventerà nel breve il sogno di tutto il popolo italiano, non ci potrà più essere niente da fare con buona pace di chi passa le giornate a lamentarsi di tutto ciò che non va o di chi cerca in ogni modo di andare a fare la comparsa in qualche talk show televisivo a sfondo politico, continuamente alla ricerca di disperati e delle loro storie da regalare ai telespettatori che si godono la crisi italiana comodamente seduti sul sofà davanti al televisore nell’attesa di fare la stessa fine, che bontà loro, credono, finché inevitabilmente gli toccherà, non li possa mai sfiorare.
Il Segretario Federale
Paolo Bini