Chi paga i suonatori decide la musica, ma non in Italia
Harold MacMillan, politico britannico esperto di problemi internazionali, Ministro della Difesa nel governo Churchill, Primo Ministro del Regno Unito dal 1957 al 1963, può ancora tornare utile per far comprendere a tante teste dure italiche l’assurdità di un Paese lasciato nelle mani di politici incapaci e troppo spesso, come informano le cronache, corrotti. Del grande uomo politico anglo-sassone non voglio ricordare le tante cose importanti che fece per il suo Paese, per l’Europa e per la stabilità mondiale, chi conosce un po’ di storia, infatti, sa di suo quale fu l’importante ruolo che recitò nelle risoluzioni del dissidio franco-algerino scoppiato fra De Gaulle e Giraud e della crisi seguita alla spedizione inglese in Egitto. Poi, non bisogna essere degli storici per sapere che fu MacMillan, nel 1952, l’artefice dell’ammodernamento del sistema d’armamento dell’esercito di sua Maestà britannica e per ricordare che dal 1943 al 1944 fu Alto Commissario e poi Presidente della Commissione Alleata di controllo per l’Italia. Tante altre cose ci sarebbero da scrivere di quest’uomo, magari in maniera più dettagliata ed approfondita di come io mi sono limitato a fare, però, lo scopo che mi sono prefissato non è un trattato di storia, né tantomeno una biografia dello statista londinese, semplicemente, utilizzando una sua frase, forse all’apparenza banale, vorrei provare a risvegliare le coscienze sopite di milioni di italiani. Ebbene, dalle memorie di Harold MacMillan ho voluto estrapolare poche parole che negli anni sono diventate un “detto” di uso comune: “Chi paga i suonatori decide la musica”, banale? Forse, ma certamente non per un’incredibile moltitudine di italiani che pare non coglierne il significato e che, forse, troppo dipendenti da cellulari, sms, I pod, I pad, tablet, twitter e facebook, hanno completamente smarrito il legame con la storia e con quello che la storia avrebbe dovuto insegnargli.
Chi paga i suonatori decide la musica, ovvero, chi paga giustamente decide. E’ così nell’industria, nella finanza, nell’editoria, nello spettacolo e nello sport e sinceramente, riesce difficile da capire perché in Italia non sia così anche in politica. Non si riesce a capire perché il popolo italiano, nonostante da sempre paghi regolarmente e profumatamente i suoi politici, rinunci in maniera sistematica ad esercitare il potere decisionale che di fatto gli appartiene. Alla nostra classe politica non viene negato nulla, non gli si negano gli aumenti di stipendio, il rimborso degli affitti e dei viaggi, dei pranzi e delle colazioni; non gli si nega l’ultimo modello di cellulare ed il relativo rimborso delle telefonate, il portatile ultima generazione e qualsivoglia amenità; non gli si nega nemmeno il rimborso delle spese mediche sostenute per sé, per i propri parenti e per gli amici più stretti, addirittura, si arriva senza batter ciglio a pagargli l’amante e i droga party. Insomma, l’italiano impersona nell’intero panorama mondiale l’unico caso in cui chi paga non decide la musica. A meno che la musica per la quale si è deciso di pagare non sia un requiem per l’Italia.
In tutti i paesi democratici del mondo i popoli mantengono la classe politica che li rappresenta ed in tutti i paesi democratici del mondo, i popoli, quando non si sentono più rappresentati o peggio, si sentono traditi, non esitano a licenziarla negandogli il voto. Ovunque esiste una democrazia vera, ovunque esistono popoli responsabili, il voto è orientato verso chi rappresenta le istanze ed i bisogni dei lavoratori, ovvero di coloro che mantengono le istituzioni, la sanità, la scuola, la giustizia e tutto ciò che è di pubblica utilità.
Ovunque, quando un sistema politico arriva ad assorbire quasi per intero le ricchezze di un paese i popoli si ribellano e, se necessario, non esitano a far nascere e crescere nuove forze politiche capaci di rappresentarli. Questo avviene ovunque, ma non in Italia, da noi pare che gli italiani non abbiano ben chiaro il fatto che sono loro i datori di lavoro dei politici, sono loro a mantenerli attraverso la tassazione più alta al mondo, oppure, e questo sarebbe ancora più grave, sono perfettamente consci di tutto ciò, ma sono felici e contenti di svenarsi per il mantenimento di quella che, senza nessuna possibilità di smentita, risulta essere da oltre 60 anni la più numerosa ed inefficiente classe politica presente sulla faccia della terra!
Il Segretario Federale
Paolo Bini