Italia senza più diritti in regime di dittatura fiscale
Mi pare che di questi tempi da Roma stia giungendo un segnale forte e inequivocabile: non c’è più destra, né centro, né sinistra, esiste solo un vergognoso patto omertoso che accomuna Forza Italia, Partito Democratico, Nuovo Centro-Destra, il nulla che resta del partito di Monti e i sempre più numerosi transfughi del Movimento 5 stelle. Una vergognosa ammucchiata a sostegno dell’ultimo governo lasciatoci in eredità dal peggior Presidente della Repubblica che l’Italia abbia mai avuto, Giorgio Napolitano.
Il massacro dei diritti e la dittatura fiscale di Renzi sembrano inattaccabili, a fronte di un nutrito numero di consensi più o meno diretti, infatti, il Presidente del Consiglio può contare sull’operato di opposizioni praticamente inesistenti, guidate da grandi urlatori televisivi, ma da pessimi politici, tutta gente che nella sostanza pensa prima al partito e poi al Paese. Il buon Renzi, sulla falsariga del professor Monti, ha provveduto a “sparare nel mucchio”, tradotto: tasse aumentate a carico di chi lavora e ulteriore eliminazione di diritti per gli italiani che onestamente sino ad oggi hanno provveduto a mantenere il Paese. Il tutto fatto in maniera scientifica, facendo attenzione a non colpire gli unici responsabili del disastro Italia, ovvero i partititi ed i politici che hanno contribuito in maniera decisiva, per incapacità e disonestà, alla rovina del Paese.
Ci sia avvia così verso la fine ingloriosa della nostra Nazione, dell’Italia che forse alcuni volevano, ma che a onor del vero non è mai stata. Oggi, chi ancora lavora, lo fa esclusivamente per il mantenimento della classe dirigente, dei suoi privilegi e dei suoi sprechi. La gente comune non riesce più a pagarsi il dentista e nessuna cura specialistica, ma non può esimersi da pagare le spese mediche a parlamentari, senatori, consiglieri regionali e quanti altri godono di diritti inammissibili per un Paese sedicente libero e democratico. Le pensioni, quelle di chi ha lavorato e pagato regolarmente i contributi, non bastano nemmeno per arrivare alla metà del mese, ma ciò nonostante in Italia si spendono più di 30 miliardi di euro all’anno per garantire pensioni che arrivano anche alla folle cifra di oltre 98 mila euro al mese. Insomma, la fine è dietro l’angolo, ma per paura di chissà che cosa, gli italiani preferiscono morire di fame e di debiti, senza nessun diritto, piuttosto che andarsi a riprendere il maltolto come ovunque sarebbe già avvenuto da tempo.
L’immoralità della nostra politica sta facendo affondare l’Italia come l’ultimo dei transatlantici affidato al più incompetente dei capitani, questa la nefanda realtà dalla quale nemmeno tutti i media asserviti alle sporche ragioni di Stato potranno mai distrarci.
Le nostre istituzioni sono nate fragili e incomplete ad immagine e somiglianza della nostra Costituzione, che fra gli altri mali, guarda caso, ha in sé quello di non aver mai previsto, né fissato precisi limiti ai partiti che negli anni hanno occupato tutti gli spazi vitali del Paese senza che nessuno facesse nulla, né il popolo, né tantomeno i politici patacca scelti da quest’ultimo per rappresentarlo.
Non esiste comune, Regione, Provincia, Comunità montana, azienda statale, a partecipazione pubblica, A.S.L. e quant’altro dove nomine, incarichi, studi di settore, ministeri e assessorati non siano il frutto avvelenato della spartizione avvenuta fra i partiti dell’intero arco costituzionale secondo quanto normato dal tanto vituperato manuale Cencelli. Ciò ha determinato, come inevitabile conseguenza, l’arrembaggio ai partiti di ambigui personaggi e rispettive clientele con il risultato ultimo di un’Italia completamente asservita ai voleri delle banche, della delinquenza organizzata, dell’Unione Europea e in ultimo, ma non per ultimo, del grande padrone a stelle e strisce, ormai unico detentore al mondo del potere di decidere quali sono i Paesi democratici e quelli che invece sono da bombardati in ossequio al grande ideale di democrazia e libertà di cui solo loro detengono brevetto e monopolio.
Il Segretario Federale
Paolo Bini