E ancora c’è chi non capisce, ci hanno messo un po’, ma hanno fatto un danno esagerato
Chi l’avrebbe detto, tanto “progresso”, tante “scoperte”, tanta “scienza”, spesso traboccante dalla bocca di perfetti idioti e con esse tante guerre, tanta fame, tanta carestia, tanto sfruttamento di donne, bambini e uomini, è il XXI° secolo, l’anticamera di un nuovo infernale medioevo.
Come pare lontano quel XV° secolo quando segnarono il passo le scienze matematiche in favore della letteratura, addirittura individuata dagli storici, come fenomeno dell’elite dell’epoca. Furono anche gli anni in cui le arti, invece, sfuggendo alla separazione fra dotti e strati popolari, conobbero un eccezionale sviluppo. Mentre Venezia produceva moduli architettonici al tempo stesso gotici e di ispirazione orientale; mentre Napoli sottostava alle imperanti influenze dell’arte gotico-catalana e Milano era occupata nella plurisecolare costruzione del Duomo, a Firenze si elaboravano soluzioni architettoniche e figurative nuove e originali. Dietro l’impulso civile, della Repubblica prima e di Cosimo De Medici poi, comparivano grandi artisti e architetti come Ghiberti, Brunelleschi, Da Vinci, Michelangelo, Donatello, Alberti, Masaccio e Di Pietro con le loro opere e le loro soluzioni che in breve si irradiarono al di fuori di Firenze, interessando tutta la Penisola italica nonostante, allora, esistessero grandi differenze culturali e politiche.
Le arti plastiche costituivano un terreno d’incontro ben più favorevole della letteratura e della filosofia, fra la cultura degli intellettuali legati alle classi superiori e degli artisti legati agli strati popolari. A Firenze il cantiere principale era lo spazio fra Duomo e Battistero, ma vi erano anche i cantieri di Palazzo Strozzi, Palazzo Rucellai e Pitti. Privati o pubblici che fossero quei cantieri costituivano per la popolazione luoghi di lavoro, incontro e discussione, in poche parole, centri di grande interesse. L’artista non era mai di estrazione borghese o nobile; era un artigiano, spesso di umili origini, ma capace di rivolgersi ad un mondo meno chiuso e più di chiunque altro di assolvere ad una importante funzione sociale, avvicinare le masse al potere politico, almeno nella Firenze medicea. Oggi a decretare il successo di un’artista è la politica, nessun risultato, successo o riconoscimento è raggiungibile senza l’appoggio politico. La politica, soprattutto dal dopoguerra ed oggi più che mai, investe più di chiunque altro soggetto nella “cultura e nell’arte”. Essere i padroni del destino di pittori, scultori, scrittori, cantanti e attori consente alla politica la strumentalizzazione dell’arte e della cultura, non a caso tornate all’età della pietra. Certo, questi tempi ci regalano una moltitudine di incapaci, sedicenti pittori, scultori e scrittori, che abbisognano del correttore di bozze anche solo per inviare una mail o una cartolina, o di critici ammaestrati che sappiano trovare le parole giuste per spiegare alla gente il significato di opere unicamente buone per accendere camini e stufe o, nel caso delle sculture, più utili da utilizzare come basi sulle quali gettare il calcestruzzo per fondare strade o palazzi. Insomma, questi sono gli anni in cui un Ministro degli Esteri, Di Maio, napoletano di lingua madre, conosce a stento l’italiano; gli anni in cui personaggi imbarazzanti come Brunetta, anche lui non a caso Ministro, snocciolano convinzioni e teorie basate sul nulla; gli anni in cui viene scambiato per genio della finanza uno come Draghi che, nelle vesti di Primo Ministro, in pochi mesi ha fatto collassare l’economia italiana; gli anni in cui un Presidente della Repubblica, Mattarella, si è rivelato assolutamente a digiuno di quanto scritto nella Carta Costituzionale italiana. Insomma, esattamente come nel medioevo, uomini tronfi, arroganti e incapaci si trovano al comando, circondati, per poterci rimanere il più a lungo possibile, da donne e uomini ancor più incapaci, ma disposti a tutto pur di poter continuare a raccogliere le briciole che cadono dalla tavola imbandita di chi il potere vero lo esercita. L’involuzione è ormai paurosamente palese, i Presidi delle scuole valgono meno di un qualsiasi bidello degli anni 50 0 60; i capi reparto nelle fabbriche sembrano essere scelti fra coloro che meno conoscono il lavoro e lo stesso dicasi per i direttori nelle banche e nelle Poste. Il decadimento è talmente avviato che come una valanga sta travolgendo tutto, il mondo accademico non gli sfugge, anzi, attraverso Rettori a dir poco sconcertanti è complice, come tutte le associazioni di categoria, di questo assurdo livellamento culturale verso il basso che trasformerà presto l’Italia in una terra di reietti.
Sembra impossibile essere arrivati a tal punto di desolazione, ma era inevitabile, noi l’allarme l’avevamo già lanciato quindici anni fa, quando già tutto era ben visibile. Infatti, annientare il Paese non è stato neanche difficile, a tutti, soprattutto ai più idioti, è stato fatto credere di essere persone capaci ed a questi, naturalmente trattati da idioti sino a quel momento, non è parso vero di poter esibire tutta la loro incredibile e inarrivabile idiozia a danno di aziende, istituti di credito, fabbriche, compagnie di trasporti e dell’Italia tutta.
Capite, non c’è più selezione, o meglio, esiste in senso contrario, per emergere, per dare il proprio contributo alla devastazione del Paese, bisogna essere dotati di grande idiozia, tanta da esibirla addirittura come vanto.
Lontanissimi i tempi in cui a governare era gente di grande cultura e di grande capacità amministrativa e politica. Dispersi in una storia, che forse arriveranno addirittura a cancellare, i punti di forza su cui faceva affidamento Firenze per la creazione di artisti di alto livello, punti di forza, che contestualizzando, avrebbero potuto essere ai giorni nostri, per la formazione di bravi artigiani, le officine, i forni, le piccole e medie industrie e le tantissime attività artigianali che piano, piano, invece, stanno sparendo sotto il peso di una tassazione ingiustificata e ingiustificabile. A Firenze c’erano le botteghe dei maestri d’arte, che prendevano a lavorare dei ragazzi per sviluppare il loro talento. La bottega di Filippo Lippi, ad esempio, nel 1460 prendeva a lavorare un ragazzo di nome Sandro Botticelli e nella vicina bottega di Andrea Verrocchio come apprendisti c’erano Leonardo da Vinci, Pietro il Perugino e Domenico il Ghirlandaio.
Pensate che anni grandiosi, inimitabili, cosa potrebbe significare avere un buon Governo fatto di gente capace, nel 1467 Botticelli decise di passare alla bottega del Verrocchio, mentre al Ghirlandaio, qualche anno dopo, aperta in proprio la sua personale bottega, toccò di prendere come apprendista un tredicenne che si chiamava Michelangelo Buonarroti. Anche Pietro il Perugino, nei primi anni Settanta del Quattrocento, apriva bottega a Firenze e tra i suoi allievi c’era un certo Raffaello Sanzio. Filippo Lippi, Sandro Botticelli, Leonardo da Vinci, Domenico il Ghirlandaio, il Verrocchio, il Perugino, Michelangelo Buonarroti, Raffaello… questi artisti basterebbero a nobilitare un intero continente per diversi secoli, invece, facevano tutti parte del sistema delle botteghe fiorentine nello stesso arco di tempo.
Ecco l’eccezionalità di Firenze. Un vero e proprio ambiente ideale per lo sviluppo di tutte le arti che in brevissimo tempo si trasformò in un punto di riferimento universale dello splendore.
Oggi con un dittatore che risponde al nome di Mario Draghi e una corte che lo sorregge fatta dei peggiori nani e delle peggiori ballerine; con l’analfabetismo che viene incentivato in ogni scuola di qualsiasi ordine e grado; con le aziende, le fabbriche, le botteghe che falliscono a seguito di inspiegabili decreti legislativi che hanno chiuso il Paese per oltre due anni; con la sicurezza e la giustizia ostaggio dei partiti e con un popolo incapace di distinguere il bene dal male, che nulla sta facendo ed ha intenzione di fare per i propri figli, sembriamo vivere lontani, non secoli, ma millenni dalla Firenze medicea che allora ebbe il merito di spegnere il medioevo e accendere il Rinascimento in tutto il mondo.
Il Segretario Federale
Paolo Bini