Economia, pensiero unico e uomo, cosa vogliamo fare?
Non so se alla fine accadrà, forse gli italiani, ma in generale l’uomo, terrorizzato dal “covid19”, agli “arresti domiciliari” per lunghi periodi da più di un anno, potrebbe anche arrivare, stordito da mille, notizie, avvertimenti, censure, ammonimenti, incoraggiamenti e rimproveri, a non capire che il dopo pandemia potrebbe arrivare a cestinare completamente libertà e diritti dei quali sino ad oggi, spesso disprezzandoli, abbiamo goduto grazie alle lotte intraprese in passato, a rischio della propria vita, da donne e uomini coraggiosi. Si era ormai prossimi alla rottura della “corda” da troppi anni tesa a dismisura. Da una parte i sostenitori del pensiero unico, fautori di una società con l’uomo adattato all’economia e dall’altra, in maniera disordinata, guidati da capi pronti a vendersi ai predicatori del fondamentalismo di mercato, i lavoratori, i piccoli e medi industriali, gli artigiani ed i commercianti che spesso, sobillati dai loro rinnegati rappresentanti, riuscivano anche a litigare fra loro. L’erosione continua e subdola dei più elementari principi di libertà alla base del nostro sistema giuridico e più in generale, alla base del sistema giuridico di gran parte dell’Occidente, determinata dall’ipertrofica azione statale, da leggi sempre più numerose, cavillose e complesse, troppo spesso frutto di pressioni lobbistiche, praticamente mai derivate da esigenze reali della collettività, ha cancellato la saggezza politica, ha dato il definitivo colpo di spugna all’indispensabile dovere etico del capitalismo. Non era difficile prevedere l’arresto dell’economia mondiale, senz’altro era difficile prevedere che sarebbero arrivati a ciò attraverso un virus, però, per dirla tutta, sono anni che cercavamo, completamente inascoltati, di mettere in guardia, almeno gli italiani, su quanto sarebbe successo ed è successo. Sono anni che cerchiamo di far capire alla gente che procrastinare il cambiamento renderà impossibile il cambiamento. La mondializzazione o se preferite, la globalizzazione dei mercati si è rivelata unicamente utile ad accentrare le ricchezze mondiali nelle mani di pochi, a cancellare la valenza e le autorità degli Stati, a ridurre l’individuo a mero strumento nelle mani di lontane multinazionali e banche d’affari. Si sono serviti di norme che si giustificano esclusivamente in virtù di altre norme, in una spirale riproduttiva in cui il diritto ha di fatto cessato di essere uno strumento creato con lo scopo di far meglio vivere le persone per diventare oppressore dispotico.
Nessuno ha voluto notare l’evidenza e le nostre parole erano, forse lo sono ancora, ritenute fastidiose dalla gente, la stessa gente che tribolava ad arrivare a fine mese, la stessa gente che oggi, con pianti, strepiti e urla si rende disponibile ad alzare gli indici d’ascolto delle innumerevoli trasmissioni televisive che si occupano di politica, economia e società. Nessuno aveva notato e neanche ora, da ciò che è dato sentire e vedere pare l’abbia fatto, che l’economia di mercato rappresenta soltanto un breve settore della vita sociale. Un settore incorniciato e contenuto in un campo ben più vasto, un campo esterno nel quale donne e uomini non sono soltanto concorrenti, produttori, affaristi, consumatori, membri di corporazioni, azionisti, risparmiatori e investitori, ma semplicemente donne e uomini che non vivono di solo lavoro, di solo pane, ma che sono anche membri di una famiglia, di comunità religiose, di associazioni culturali, colleghi di lavoro, vicini di casa, cittadini del loro comune, in definitiva, creature in carne e ossa con pensieri eternamente umani, col senso della giustizia, dell’onore, dell’abnegazione, dell’istinto sociale, della pace, dell’onestà, del lavoro, della bellezza, dell’amore e della tranquillità nella natura. L’economia di mercato è soltanto un dato ordinamento entro un ambito ristretto nel quale l’uomo deve trovare il suo posto senza a questa essere assoggettato. Abbandonata nelle mani dei sostenitori del pensiero unico, vuoi per viltà, vuoi per incapacità o per mera convenienza, diventa pericolosa, odiosa e insostenibile, ridurrebbe gli uomini, come ha fatto in gran parte del mondo, ad una esistenza innaturale, potrebbe essere causa, come è giù stata, di sfruttamento e devastazione del pianeta e potrebbe essere pretesto, come è già accaduto, di guerre e occupazioni militari.
Tutto quello che i nostri padri, i nostri avi, hanno costruito col lavoro e con la lotta non possiamo rassegnarci a perderlo per codardia e per menefreghismo, non possiamo rassegnarci a passare alla storia come la civiltà che si è autodistrutta con i social e i telefonini. Non possiamo essere ricordati come quelli che, mentre il mondo gli crollava addosso, ritenevano più importante l’apertura degli stadi a quella del Paese; preferivano i reality show ad un buon libro di storia e che dopo una delle tante manifestazioni in favore dell’ambiente riuscivano a lasciare sul selciato un’autentica discarica fatta di pacchetti di sigarette vuoti, volantini, cartacce, lattine e bottigliette di plastica.
Il Segretario Federale
Paolo Bini