“Momenti gravi”, “Svolta”, “Facce nuove”, è l’incantesimo dell’italica eternità!
Quante volte, da un anno a questa parte, abbiamo sentito le più alte cariche dello Stato e con loro, la variopinta claque di nani e ballerine, che imperversano dagli schermi televisivi, ripeterci che stiamo vivendo “un momento grave”? La gente preoccupata ripeterlo in ogni conversazione, magari aggiungendoci il classico “dove andremo a finire?” e l’immancabile “ci vorrebbero facce nuove”? Pare quasi che il tempo si sia fermato o, tuttalpiù, abbia fatto un grande e tortuoso giro per tornare al punto di partenza. Allora, forse, non va così male, temevo che qualcosa fosse cambiato e invece no! Per quanto possa sforzarmi di andare indietro con la memoria, è sempre stato così. I momenti gravi, se vogliamo impegnativi, hanno caratterizzato la mia infanzia, la mia pubertà e la mia maturità, quindi, ciò che mi si prospetta è una vecchiaia coerente e più o meno, pandemia o no, credo che possa essere la stessa cosa per tutti.
Vivere in situazioni eccezionali, dovute a momenti gravi e difficili, prima ancora di essere nel lessico, fatto di inutili parole, sul quale campano i politici romanocentrici, è nei fatti. E’ la nostra normalità, invero, a farci ben caso, ciò che in questo momento è ritenuto più eccezionale è ciò che alla fine ci rivela che le eccezionalità sono sempre le stesse. Le eccezionalità di ieri sono quelle di oggi e, a ben vedere il comportamento del popolo elettore, saranno anche quelle di domani. Alla fine, come ebbe a dire l’umorista e attore francese Pierre Dac, “Il futuro è il passato in preparazione” e pare che tali parole, più di tanti e noiosi scritti, possano descrivere al meglio il pensiero e il movimentismo dei partiti, tutti assolutamente pietrificati, così come li vuole l’elettorato nostrano. Forse è proprio questo che cerca la gente, la stabilità, la certezza che i momenti gravi possano esserci sempre, che possano ripetersi così come il ritorno delle mode. Questo è il dubbio che mi assale, la cosa che non avevo mai preso in considerazione, forse è questo che richiama l’attenzione degli elettori e che li porta a scegliere le certezze che solo la partitocrazia romanocentrica può garantirgli.
Oggi, i pochi anziani scampati al virus ed alle disastrose condizioni in cui versa la sanità pubblica, ad onor del vero, possono raccontarci momenti altrettanto drammatici, spesso frutto delle scelte dello Stato centralista. Ci possono narrare l’inefficienza della burocrazia, ben visibile oggi esattamente come era ben visibile ieri e anche l’altro ieri. Ci possono raccontare di mangiatoie eccezionalmente abbondanti alle quali tutti i partiti si sono nutriti in occasione delle costosissime ricostruzioni dopo terremoti e alluvioni. Possono narrarci dei tanti anni di questa strana democrazia, regolata da una Costituzione abitualmente vilipesa dai governi, molto più di quanto non venga normalmente vilipeso il regolamento del “Monopoli”. Possono ricordarci il 09 ottobre del 1963 quando un’intera comunità venne spazzata via. 1918 vittime nella valle del Vajont perché qualificati e arroganti tecnici statali, mandati da Roma, rifiutarono di ascoltare le parole della gente, magari non in possesso di altisonanti titoli accademici, ma che in quella valle viveva da sempre e ne conosceva la fragilità del territorio.
Forse ci sono riusciti, hanno davvero fermato il tempo. Prendiamo ad esempio lo sfacelo economico e andiamo a rileggerci cosa scriveva Carlo Azeglio Ciampi quasi 50 anni fa, gli articoli di Cesare Merzagora vecchi di 70 anni e le prediche di Luigi Einaudi agli albori degli anno 50. Potrebbero passare per roba appena sfornata, infatti, senza a queste togliere una sola virgola, limitandoci ad aggiungere qualche zero ai conti in rosso dello Stato, si rivelano ancora di un’attualità sconvolgente.
Ed ora Mario Draghi, la svolta! L’ennesima svolta di cui il Paese aveva bisogno. Neanche non fosse bastata la svolta celebrata nel tardo autunno 2011, quando “Re” Giorgio Napolitano ci impose il governo Monti, che in seguito, a conti fatti, possiamo consegnare alla storia, forse, come il più disastroso dalla nascita della Repubblica e questo nonostante i media, evidentemente di parte, ne presentarono l’esecutivo come il migliore di sempre, composto da tecnici dotati di mirabolanti poteri straordinari. Hanno cercato di far passare il governo Draghi, l’ennesimo eletto da nessuno, come l’evento più importante dell’ultimo mezzo secolo di storia repubblicana; l’hanno celebrato come l’ultimo grido della moda che piacerebbe a tutti ma che solo noi italiani possiamo permetterci di sfoggiare. Un piccolo particolare di poco conto, nel mondo erano tutti contenti che tale fortuna fosse capitata a noi, soprattutto in Europa e negli U.S.A. dove si coltivano interessi opposti ai nostri, ma questo è sicuramente contemplato nella ricerca di certezze da parte degli elettori. E allora, non l’ho vissuta se non attraverso i ricordi dei miei genitori e attraverso le pagine dei libri, ma effettivamente sembra ieri quando si cianciò di svolta alla caduta del fascismo, alla nascita della Repubblica e poi, in tempi più recenti, all’avvento del centro-destra, all’avvento del centro-sinistra, ecc., ecc., sino all’avvento dei 5 Stelle. Tutte grandi svolte, però di quelle a 360 gradi, che ci hanno sempre riportato al punto di partenza e sempre con qualche debito in più sulle spalle. Insomma, mi pare che si sia scelto di vivere in una sorta di ora legale rimessa continuamente indietro ogni ora così da dare alla popolana domanda: “Dove andremo a finire?” Una risposta tranquillizzante: “Da nessuna parte, continueremo a girare in tondo per tornare, sempre più poveri e ammaccati, al punto di partenza!”
Da noi è sempre la stessa storia e la pandemia è qui a dimostrarcelo con tutta la sua virulenza. L’ex Commissario Straordinario per l’Emergenza Covid, Domenico Arcuri – secondo quanto anticipato dal quotidiano La Verità – sarebbe stato iscritto sul registro degli indagati dalla Procura della Repubblica di Roma per peculato e l’accusa sarebbe contenuta nel fascicolo sulle forniture delle mascherine cinesi.
Siamo davvero nel 2021?
O siamo nel 1958 quando, in occasione del caso Fiumicino, si parlò per la prima volta di tangenti e di appalti truccati? Anche allora erano coinvolti importanti personaggi vicini al potere partitocratico, onorevoli e ministri, esattamente come fu per “Tangentopoli” negli anni 90. Esattamente come fu, prima e dopo l’inchiesta di “Mani pulite”, per i tanti, innumerevoli scandali, il 13% dei quali, negli ultimi tre anni, hanno riguardato episodi corruttivi nel settore della sanità. Insomma, l’incantesimo dell’eternità si scopre valere anche per gli scandali e, i più attenti se ne saranno accorti, anche per le “facce nuove” il discorso non cambia. Sempre richieste a gran voce dal popolo, sempre regalate alla gente dai veri “capi bastone”, alla fine le “facce nuove” di ieri, Vincenzo Scotti, Mino Martinazzoli, Gianni De Michelis, Margherita Bonniver, Ferruccio De Lorenzo, Antonio Di Pietro, Vladimir Luxuria, Antonio Razzi, Anna Maria Bernini, Maria Stella Gelmini, Laura Boldrini, Matteo Renzi ecc., ecc., dove ci hanno portati? Da nessuna parte, gira che ti rigira, riforma dopo riforma, sempre nel solito posto. Esattamente là dove ci porteranno le facce nuove di oggi, Antonio Di Maio, Giuseppe Conte, Roberto Speranza, Danilo Toninelli, Antonio Zennaro ecc., ecc., perché le facce non contano, i nuovi di ieri sono i vecchi di oggi e i nuovi di oggi saranno i vecchi di domani. A contare è la scelta del popolo elettore, che se per anni non ha avuto nessuna opzione alternativa, ora ce l’ha! Da una parte c’è la certezza che da sempre la partitocrazia romanocentrica riserva ai suoi estimatori, magari fatta di un susseguirsi continuo di momenti gravi, di scandali, crisi sanitarie e politiche, dall’altra c’é Italia Terra Celtica, che sicuramente rappresenta qualcosa di diametralmente opposto, non fosse altro perché significherebbe Federalismo, Democrazia e fine del regime partitocratico.
Il Segretario Federale
Paolo Bini