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Un necessario passo indietro per cercare di capire

by / giovedì, 19 novembre 2020 / Published in Politica e riforme

Sembra passato un secolo, ma era solo l’estate del 2006 quando, nel disinteresse generalizzato, con il “covid19” ancora inesistente, con le prime pagine dei quotidiani ed i titoli dei telegiornali che parlavano quasi unicamente di code di vacanzieri in autostrada e di sensazionali colpi di calcio mercato, i caporioni della politica italiana, di centrodestra, ma molto più di centrosinistra, si affannavano nella costruzione di due soggetti politici che alla fine sarebbero stati, come sono stati, l’uno la fotocopia dell’altro. Fu allora che Prodi, strizzando l’occhio oltre l’oceano Atlantico, pensò di battezzare col nome “Partito Democratico” tutto ciò che fieramente si schierava contro Berlusconi, un’accozzaglia di borghesi democristiani, rinnegati del comunismo, falsi comunisti, socialisti, socialdemocratici, ex verdi ed ex radicali tra i quali, spiccavano un antimilitarista e anticlericale come Rutelli, un eurobanchiere come Padoa Schioppa, gente che inneggiava alla rivoluzione proletaria, poi convertita al capitalismo, come Barbara Pollastrini e Paolo Cento, un Kennedyano convinto come Veltroni, un pacifista, poi convertito alle esigenze espansionistiche americane come D’Alema, una tutta chiesa e croce democristiana come Rosy Bindi e una femminista della prima ora come Livia Turco. Furono questi, con la complicità dei sindacati e del voto delle masse operaie, che consentirono a Prodi di dismettere l’Italia e di varare un governo, che ancora oggi, alla luce del disastro quotidiano di cui ci fa dono il governo Conte, faccio fatica a definirlo perché ricordarlo semplicemente come indecente mi sembra poco. Comunque, grazie alle ingerenze del Cardinale Ruini, allora Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, venne istituito il Ministero della Famiglia, cosa che credo nessuno ricordi per quanto brillò d’iniziative, poi, inneggiando all’etica, Prodi nominò Ministro della Giustizia e sottosegretari alla Giustizia, rispettivamente, gente come Clemente Mastella, ex democristiano già testimone di nozze del mafioso Francesco Campanella, Marco Verzaschi, ex assessore dell’ex fascista Storace, poi arrestato nel dicembre 2007 e condannato a quattro anni di reclusione per reati riguardanti corruzione e concussione nella sanità pubblica e Luigi Li Gotti, ex fascista, già legale dei boss mafiosi Buscetta e Brusca.  Insomma, era l’estate del 2006, non esisteva nessuna emergenza sanitaria nazionale e mondiale e la politica nostrana, grazie al menefreghismo di milioni di italiani intenti a trasformarsi, baciati dal sole o sotto gli ombrelloni, in “guru della Borsa valori”, piuttosto che in spregiudicati “direttori tecnici” della propria squadra del cuore, gettava le robuste basi per divenire quello che oggi è, un apparato granitico che tiene unicamente conto degli interessi e delle esigenze del sistema capitalistico occidentale all’interno di un ben incorniciato quadro globale dove i popoli potranno continuare a vivere nell’illusoria convinzione che il loro voto possa servire ancora a qualcosa.

Questa è la politica dei “partiti unici” e poco conta se all’elettorato si presentano ancora con nomi diversi per riunirsi solo dopo le elezioni in coalizioni dove a prevalere, come dimostrato dai fatti, è poi sempre l’anima centrista. Non è fatalità, semplicemente, se solo ci si mettesse un po’ di attenzione, è la dimostrazione che il voto non cambia più nulla, finisce sempre dentro la cassaforte della partitocrazia e viene sempre e solo utilizzato dai partiti come indicatore per scambiarsi le poltrone di potere. Tutto il resto sono solo chiacchiere alle quali si dovrebbe smettere di dare ascolto.

Il Segretario Federale

Paolo Bini

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