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Serve ancora votare?

by / lunedì, 30 marzo 2020 / Published in Politica e riforme

Così in questi giorni di delirio collettivo, dove vengono annunciate “zone rosse” che poi diventano arancioni, un po’ gialle per poi tornare rosse; mentre Sindaci e Governatori delle Regioni del Sud Italia minacciano denunce contro il Governo, o contro questo o quel Ministro, a loro dire, colpevoli di non aver impedito ai loro conterranei e corregionali di compiere la migrazione contraria a quella che anni fa li aveva portati nelle Regioni del Nord in cerca di lavoro e di certezze, ecco che rispunta, quasi evocato dall’emergenza “covid19”, il nome di Mario Draghi come capo di un esecutivo “total color”. Un esecutivo auspicato dai più, dove finalmente Salvini e Di Maio torneranno a stringersi la mano, la Giorgia Meloni potrà far colazione con Zingaretti, però, non quello che interpreta il commissario Montalbano, no, l’altro, quello sfigato che fa il Segretario del Pd e dove Berlusconi, anche in assenza di “patto del Nazareno”, potrà tornare a riabbracciare l’amico Matteo Renzi.

Insomma, una volta cantava Venditti: “bomba o non bomba arriveremo a Roma” ed ora, tutti in coro: “virus o non virus governeremo insieme”. Una volta l’avevano chiamato “Governo d’Unità Nazionale”, il primo, durato 55 giorni, fu quello nato  il 24 aprile 1944 guidato da Pietro Badoglio, militare, Marchese del Sabotino e Duca di Addis Abeba. Era un governo composto dal Partito Comunista Italiano, che aveva nel suo leader, Palmiro Togliatti, il Viceministro del Consiglio dei Ministri, dalla Democrazia Cristiana, dal Partito Liberale, dal Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, dal Partito Democratico del Lavoro, dal Partito d’Azione, dai militari e da personaggi  vari sedicenti indipendenti. Insomma, si era in tempo di guerra, il Paese era distrutto e nell’ordine, prima il Gran Consiglio del Fascismo e dopo Re Vittorio Emanuele III°, si affrettarono a scaricare Benito Mussolini per il “bene del Paese”. Senza dilungarci e fare un’analisi di ciò che fu e del perché fu, tiriamo pure dritti e arriviamo ai giorni nostri, il Paese è stato molte volte in difficoltà, per carità, nulla rispetto a ciò che stiamo vivendo ora, ma comunque abbiamo visto governi ribattezzati dell’inciucio, messi in piedi grazie a transfughi, che eletti in partiti d’opposizione, ne fondavano di nuovi per appoggiare governi a cui mancavano i voti per esercitare il potere esecutivo; abbiamo avuto i “governi delle larghe intese”, i “governi di salute pubblica” e addirittura il “governo dei tecnici”, quest’ultimo fatto di gente eletta da nessuno e sostenuta da tutti o quasi i partiti presenti nel Parlamento italiano. Ora, 77 anni dopo, alle prese con una guerra che sta straziando il mondo, ecco che per combattere questo subdolo, invisibile nemico assassino, il “covid19”, in Italia si torna ad invocare un “Governo d’Unità Nazionale”, un Governo che pare si voglia affidare alle “sapienti mani” di Mario Draghi, uomo che dopo essere stato funzionario del Ministero del Tesoro, transitò, come accadde a Mario Monti, dalla potentissima banca d’affari statunitense Goldman Sachs, che ce lo restituì per essere catapultato alla guida di Banca d’Italia e poi della Banca Centrale Europea, insomma, uno che solo per citarne il pedigree bisognerebbe avere a disposizione lo spazio di un libro bello spesso.  In definitiva, però, l’ennesimo capo del governo eletto da nessuno; l’ennesimo segnale di resa dei partiti, sempre più infarciti di incapaci, ruffiani, “nani”, “ballerine” ed esibitori di titoli di studio, evidentemente, di dubbia origine.

Noi più di un dubbio su Mario Draghi lo abbiamo, è inutile nasconderlo, nessuno ci toglierà mai dalla testa lo scempio sociale fatto dal Governo Monti col suo stuolo di “Ministri tecnici”; nessuno potrà mai toglierci dalla mente come per “il bene” del Paese si sia creata disoccupazione, precarietà sul lavoro, impossibilità ad andare in pensione ad un’età che non sia prossima alla morte; tagli drastici alla sanità pubblica tradotti in chiusura di ospedali ed eliminazione di posti letto; chiusura di centinaia di migliaia di piccole attività produttive e commerciali e suicidi di migliaia di commercianti e piccoli imprenditori non in grado di adempiere al pagamento delle tasse e non in grado di rispettare le rate dei prestiti contratti con banche e finanziarie. Nessuno, nemmeno la stampa e le televisioni asservite al sistema partitocratico, potrà farci cambiare idea sulla manovra finanziaria allora imposta dal Governo Monti, una manovra basata su un 85% di aggravio fiscale, che devastò l’economia reale, creando inflazione e ottenendo risultati sbalorditivamente negativi sul fronte delle finanze pubbliche.

E stiamo parlando del professor Mario Monti, laureato in economia alla Bocconi e in giurisprudenza all’Università degli Studi dell’Insubria. Il Mario Monti che tutti ricordavano “International advisor” per Goldman Sachs, ma anche Presidente europeo della Commissione Trilaterale (gruppo d’interesse e orientamento neoliberista fondato nel 1973 da David Rockefeller), membro del comitato esecutivo dell’Aspen Institute Italia, Advisor della Coca Cola Company, membro del Senior European Advisory Council di Moody’s, Commissario Europeo proposto da Forza Italia con deleghe al Mercato interno, Servizi finanziari, Integrazione finanziaria, Fiscalità e Unione doganale, membro del Gruppo Bildemberg e chi più ne ha, più ne metta. Uno con un curriculum a dir poco eccezionale, uno che ora manterremo per sempre con le nostre tasse perché nominato Senatore a vita dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Insomma, alla fine uno dei tanti che ha esclusivamente pensato a sé stesso, inopinatamente ricordato come “salvatore della Patria”, come “grande economista” e come uomo di “grande spessore umano”.

Capite, speriamo di no, ma Mario Draghi ci sembra tanto l’ologramma di Mario Monti ed a poco valgono le belle parole che questi ha di recente speso, rendendo pubblica la sua ricetta per affrontare questo drammatico momento che, ahimè, credo proprio, fatto salvo un miracolo, Draghi o non Draghi, ci trascineremo fino al prossimo anno.

La questione deve assolutamente essere ben analizzata a cominciare dall’utilità del voto, noi dal Governo Monti in poi, era il novembre 2011, non ne abbiamo avuto neanche uno guidato da un Presidente del Consiglio presentato come tale in campagna elettorale dai partiti impegnati nella competizione, non solo, fatta eccezione per i due governicchi guidati da Letta e Gentiloni, tutti gli altri hanno avuto al timone gente che nemmeno si era candidata, quindi, gente che non avrebbe nemmeno dovuto presentarsi davanti agli elettori con il rischio di essere bocciata per quanto fatto o non fatto. Insomma, è vero, che al di là dei proclami elettorali dei vari leader di partito, la nostra Costituzione non prevede l’indicazione, né tantomeno l’elezione  diretta del Premier da parte del popolo avente diritto di voto, ma però, se all’interno dei partiti, dei quasi mille occupanti le morbide poltrone di velluto rosso di Camera e Senato, non vi è gente presentabile, capace di governare il Paese, cosa si vota a fare? Perché mai questa accozzaglia di individui viene super pagata e gode di diritti una volta esclusivamente riservati ai monarchi? Possibile che si debba sempre essere chiamati a votare gente che poi, per mettere insieme un Governo, ne va sistematicamente a cercare altra fra la “società civile”, fra persone o personaggi che dal voto si erano chiamati fuori? Che senso hanno ancora i partiti romanocentrici se sono esclusivamente infarciti di “peones” a mala pena capaci di alzare la mano secondo le indicazioni ricevute dal loro Segretario o dal loro Presidente?

Sono tutte queste domande che dovrebbe farsi la gente quando gli viene proposto il Renzi, il Monti, il Conte ed ora il Draghi di turno! Non solo, quello che vale per il Premier, a nostro avviso vale anche per i Ministri, possibile che  i partiti romanocentrici, che portano quasi mille persone ad occupare gli scranni di Camera e Senato, non abbiano al loro interno gente capace e fidata a cui affidare, in ogni settore lo ritengano opportuno, le chiavi di un Dicastero?

E’ vero che la politica, ovunque, l’Italia non fa eccezione, altro non è che la rappresentazione del popolo che la esprime ed arrivati a questo punto, molto probabilmente, non possiamo che accettarla e farcene una ragione. Lo troviamo preoccupante e al tempo stesso spaventoso, ma è così, il popolo italiano a sua rappresentanza, peggiorando di tornata elettorale in tornata elettorale, ha saputo scegliere solo gente senza arte né parte, capace esclusivamente di apparire nei salotti televisivi dove, purtroppo, ha sempre mostrato di saper brillare esclusivamente per litigiosità.

Il Segretario Federale

Paolo Bini

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