Italia Terra Celtica è Democrazia e Federalismo, quindi, mai alleati di chi rappresenta statalismo e partitocrazia
Per molti militanti e sostenitori di Italia Terra Celtica, questa nostra ennesima non partecipazione ad una tornata elettorale importante pare essere un boccone amaro, difficile da mandar giù. Cominciano, ahimè, a convincersi che le nostre richieste di riforme costituzionali, prima su tutte, quella federalista, non vengano capite dal popolo. Mi dicono che la gente vuole sentir parlare d’altro, di lotta all’immigrazione, di lavoro, di tasse, di giustizia, di pensioni ecc. ed allora, molto semplicemente, io rispondo e continuerò a farlo finché sarò il Segretario Federale di Italia Terra Celtica: “Di queste cose, dal 1947 ad oggi, hanno parlato già tutti, tutti hanno promesso e tutti hanno disatteso le promesse fatte e questo per il semplice e unico motivo che se non si parte subito dal Federalismo, mai le persone verranno responsabilizzate e continueranno a reclamare l’intervento pubblico nella convinzione che lo Stato abbia il potere di far apparire dal nulla i denari necessari al mantenimento di sempre più folli e non mantenibili promesse”.
Mai Italia Terra Celtica, per poco che conta, diverrà come gli altri partiti e mai sarà la stampella della partitocrazia. L’attuale classe politica, esattamente come quella che l’ha preceduta, includendo i sindacati e le miriadi di associazioni che hanno quale unico scopo, seppur non dichiarato, quello di portare voti ai partiti romanocentrici, non mostra la minima intenzione di andare ad intaccare nella sostanza l’enorme cancro rappresentato dall’assistenzialismo pubblico. Non pensa minimamente, per scelta politico-clientelare, di tagliare dove sarebbe necessario perché il suo scopo primario è quello di mantenere i propri eserciti di assistiti, seppur questo, da anni, si sta traducendo nella distruzione di quanto più sano c’è nell’economia privata.
Altroché politici e statisti, siamo governati, da sempre, da dei pazzi arroganti, incapaci di rendersi conto che il Paese non può continuare a permettersi la chiusura di centinaia di migliaia di piccole e medie aziende, non può far finta di niente di fronte a migliaia di artigiani e piccoli commercianti ridotti in rovina da assurde e scellerate scelte politiche.
Oggi, nella stretta dell’euro, non più padroni della nostra moneta, tanti nodi vengono inevitabilmente al pettine, non a caso il problema principale della partitocrazia romanocentrica è trovare il modo di continuare a finanziare il pozzo senza fondo del parassitismo pubblico. Quindi, tutto va bene, io prima di chiunque altro sono convinto che si debba iniziare a mettere in campo una politica virtuosa, dal 2011, invariato e quanto mai attuale, infatti, sul nostro sito internet, sono presenti 10 proposte per il rilancio del Paese, 10 proposte che avevamo fatto all’allora Premier Silvio Berlusconi, ma che regaliamo volentieri a qualsiasi governo di qualsiasi colorazione politica.
Il nocciolo della questione è però un altro, è vero si può partire da una poderosa riforma fiscale, che fra l’altro nessuno vuole, capace di restituire alle Regioni la maggior parte delle tasse e dei tributi sino ad oggi rapinati dal governo centrale per alimentare la sua burocrazia parassitaria, le sue tangentopoli ed i suoi programmi di assistenza a “Roma Capitale” ed al Mezzogiorno, tanto costosi quanto inconcludenti. Si può, ma anche questo nessuno lo vuole, assicurare una consistente franchigia fiscale ai lavoratori autonomi ed ai dipendenti del privato, in considerazione della ben maggior precarietà delle loro attività rispetto a quelle dei dipendenti pubblici ai quali, fra l’altro, non è richiesta la stessa, sempre più massacrante, produttività. Si può, certo, tante cose si possono fare, ma finché la partitocrazia, per merito del popolo elettore, occupa gli spazi che dovrebbero essere della Democrazia, nulla verrà fatto se non peggiorare, anno dopo anno, governo dopo governo, le condizioni di vita degli italiani.
La politica va avvicinata al popolo; il Paese, dopo 70 anni di chiacchiere e promesse, va unito e l’unico modo per farlo è mettere mano alla Costituzione e trasformare l’Italia in una Repubblica Federale, poi, finalmente, non saranno più i partiti a controllare il popolo, ma sarà il popolo a controllare i partiti, quindi, dovessero ancora esserci Regioni in mano al malaffare ed alla corruzione, quello dipenderà esclusivamente dalla scelta politica degli elettori di quelle Regioni, ma almeno l’Italia sarà salva e, fatta salva la piccola quota di tributi e tasse che verranno versate alla Stato, certamente più snello, sgravato da una miriade di incombenze che saranno di competenza regionale, la ricchezza prodotta da un territorio, in quel territorio rimarrà.
L’assistenzialismo, l’Italia ne è l’esempio più fulgido, non è mai servito, quindi, pur non mettendo in discussione la quota di solidarietà di competenza statale per le Regioni in difficoltà, dovrà essere estremamente chiaro che i soldi del Veneto rimarranno in Veneto, così come quelli del Piemonte in Piemonte, quelli della Campania in Campania, quelli della Toscana in Toscana e così via per tutte e 20 le Regioni italiane. Federalismo, da sempre, solo in Italia non è così, significa unire e non dividere e per effetto di ciò, anche lo scempio politico-amministrativo delle 5 Regioni a statuto speciale sparirà.
Insomma, si vuol far ripartire l’Italia? Bene, in ogni campo ed a qualsiasi livello, bisogna partire dall’abolizione dei privilegi, soprattutto quando, come da noi accade, quei privilegi sono pagati da milioni di lavoratori che non godono di alcun privilegio.
Torre Canavese 06 maggio 2019
Il Segretario Federale
Paolo Bini