Siamo liberi. Ma anche di pensare e parlare?!
Ogni giorno di più mi tocca constatare come la tanto decantata libertà in Italia, a onor del vero come in molti altri Paesi, anche del “libero occidente”, sia una cosa completamente inesistente. Mi spiego meglio, per i malfattori direi che la libertà, la garanzia di libertà anche dopo aver compiuto un crimine, esiste, eccome che esiste, le maglie della giustizia per banditi, truffatori, ladri, rapinatori e stupratori nel nostro Paese sono sempre più larghe. Io, però, come credo la maggior parte degli italiani, sono abituato a vivere onestamente del mio lavoro e la libertà che assolutamente vedo venir meno nel nostro Paese, è quella di pensiero e di parola. Addirittura i ricordi sono obbligati e indirizzati dalla politica partitocratica, non ci si può ricordare di ciò che si vuole, a dirti cosa celebrare e ricordare sono altri e guai a ricordare qualcosa di diverso, diversamente da come è imposto dal regime partitocratico, si rischiano condanne dure, molto più dure rispetto a quelle, praticamente inesistenti, che si potrebbero subire per aver stuprato una donna o per aver rapinato una banca.
La chiamano “democrazia di stampo occidentale”, i potenti del mondo la giudicano tanto positivamente e imprescindibile per i popoli della Terra che là dove non ne vogliono sapere, da anni viene esportata utilizzando caccia bombardieri, navi, missili, bombe ed eserciti d’occupazione, pardon, missioni umanitarie di pace. Di fatto, mentre sui social network viene lasciata la massima libertà d’espressione a sfigati rivoluzionari che avrebbero paura anche di attaccare un manifesto, seppur con la tassa d’affissione pagata, nella vita reale, che è tutt’altra cosa da quella virtuale proposta da internet, cercare di proporre, condividere e far crescere un nuovo progetto politico alternativo al regime partitocratico romanocentrico, è cosa difficilissima, il terreno della politica italiana è pieno di trappole e tranelli e la nostra società è ridondante di rinnegati pronti a tradire per quattro soldi, quando non per meno, il loro Paese, se stessi ed anche i propri figli. Ormai la dignità è un qualcosa che troppa gente ha sostituito con l’attitudine alla prostituzione, non è una questione di vendita del proprio corpo, ma del proprio cervello, che è cosa ben peggiore.
Iosif Stalin disse “una singola morte è una tragedia, un milione di morti è una statistica” e le morti che la storia potrebbe addebitargli sono immensamente di più, eppure abbiamo vissuto gli anni sessanta e settanta porta a porta con milioni di nostri connazionali contenti e orgogliosi della loro bandiera rossa con falce e martello da poter sventolare alle manifestazioni di partito. Ancora oggi molti sentono la nostalgia di quel passato che, volenti o nolenti, fra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta, è stato il promotore di una sanguinosa e lunga stagione di terrore.
Per tutti gli amanti delle stelle e strisce, per tutti coloro per i quali la storia della più “grande democrazia mondiale” inizia da Mac Donald, poi, ci sarebbe l’olocausto di cui nessuno vuole parlare: 31 gennaio 1876, gli Stati Uniti istituiscono i lager per i nativi (le riserve) allo scopo di attuare la loro “soluzione finale” !
Tutte le nazioni dei nativi americani erano state decimate, sconfitte, massacrate e la distruzione dei bisonti le aveva private delle fonti di sostentamento. Le riserve furono prima dei campi di rieducazione, poi dei ghetti, infine delle isole di residenza, dove i nativi potevano mantenere le loro usanze, ma solo a parole. Non avevano diritto di voto (acquisito solo nel 1924), nei campi i veri Americani venivano perseguitati e assassinati, spogliati di tutto. Le riserve negli anni cambiarono, prima furono individuate in terre infertili e insalubri per essere poi trasferite in discariche o terreni contaminati da scorie nucleari. Sin dal 700 si è tentato di tutto per azzerare questo popolo, famosa ma poco nota la frase del generale inglese Jeffrey Amherst durante la rivolta di Pontiac del 1763: “Farete bene a tentare di contaminare gli Indiani mediante coperte in cui abbiano dormito malati di vaiolo, oppure con qualunque altro mezzo a sterminare questa razza esecrabile”.
Da noi ci si riempie la bocca con la parola democrazia, ci si trastulla, troppe volte sul niente, parlando di diritti della donna e nel contempo si fa di tutto per non conoscere la verità, la storia che ci racconta, piaccia o no, che solo tra il 1940 e il 1980, in pieno xx secolo, le donne delle riserve indiane, contro la loro volontà, nella percentuale stimata del 40%, furono sterilizzate dal governo degli Stati Uniti. Gli USA marciavano veloci verso un piano di sterilizzazione forzata delle donne native alle quali era chiesto, sotto la minaccia del taglio dei sussidi e dell’impedimento all’accesso ai servizi sanitari, di firmare consensi su formulari scritti in una lingua che non comprendevano. Pensare che in quegli anni la Casa Bianca vide fra i suoi inquilini gente come: Roosevelt, Truman, Eisenhower, Kennedy, Johnson, Nixon, Ford e Carter. Di tutto e di più, illuminati politici, ex generali, difensori dei diritti dei più deboli, guerrafondai, industriali e produttori di noccioline , ma quando si parla di Stati Uniti d’America e con gli Stati Uniti d’America bisogna aver ben chiaro che questi sono stati fondati sul genocidio di oltre 100 milioni di nativi. Ma di questo Olocausto non dobbiamo sapere e ricordare niente, siamo o no loro amici?!
Non è certamente finita, in Canada è successo più o meno lo stesso per mano dei francesi, ma soprattutto ancora degli inglesi e nel Sud America ci pensarono spagnoli e portoghesi a spazzare via Aztechi, Maya e Incas con in una mano la Bibbia e nell’altra la spada.
Sia chiaro, perché credo che a questo punto molti abbiano già cominciato a storcere il naso, a chiedersi, ma Italia Terra Celtica dove vuole andare a parare? E allora per tutti quelli che amano ricordarsi solo di quello che gli fa comodo e per tutti quelli che si affidano ai ricordi di altri perché non gli frega nulla di ricordare qualsiasi cosa che non sia una bella partita, un gran gol, o una piacevole avventura, vorrei dire che va bene il 27 gennaio, giorno in cui si celebra la “Giornata della Memoria” per ricordare gli ebrei deportati e uccisi dal regime nazista, ma andrebbe ancora meglio se ci si sforzasse tutti di conoscere un po’ di più la storia, così, tanto per sapere con chi si ha a che fare quando questi, i nostri alleanti a stelle e strisce, in nome della democrazia e della libertà, ancora oggi si arrogano il diritto di andare a spianare intere nazioni, non più con la cavalleria e con i mercenari cacciatori di scalpi ma con armi ultra moderne di sterminio di massa. Stiano tranquilli i difensori del pensare e del parlare corretto, noi non abbiamo paura di padroni e dittatori travestiti da portatori di libertà, semplicemente non ci appartiene nessun pensiero razzista e negazionista nei confronti di quanti persero la vita o furono sottoposti ad orribili torture nei campi di concentramento del Terzo Reich, poiché ad essi come a tutti gli altri sventurati che hanno subito simili abomini deve essere riconosciuto rispetto e onore.
Il Segretario Federale
Paolo Bini