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L’epoca dell’euro: la fine degli Stati nazionali, la fine della politica

by / martedì, 07 febbraio 2017 / Published in Economia e lavoro

Mai come oggi, che ci sarebbe bisogno di politica, di politica tesa alla riorganizzazione del Paese, di politica pulita non inquinata dai partiti e dalla malavita più o meno organizzata, la politica è completamente assente. Tutto è ormai ridotto ad un teatrino indecente dove gli attori recitano a colpi di slogan e insulti, dove tutti accusano tutti lasciando l’Italia in balia di un virus tremendo, l’euro, che è ormai arrivato a distruggere quasi completamente le difese immunitarie della Nazione.

Viviamo il paradosso di un Paese colpito duramente dal terremoto, di tanti nostri connazionali costretti a vivere da sfollati, al freddo, al gelo, con le speranze di riappropriarsi di una vita appena normale ridotte al lumicino e la “politica nazionale”, invece di darsi una smossa, invece di dimostrare all’Italia che ha a cuore le sorti degli italiani, è tutta impegnata a discutere di legge elettorale, di congressi di partito, di come far sopravvivere la partitocrazia al fallimento della stessa e all’indignazione popolare.

Ora, mentre credo sia divenuto inequivocabile, anche per l’ultimo facinoroso sostenitore dello Stato centralista, che pagare le tasse è cosa completamente inutile, unicamente propizia a mantenere gli sprechi ed i vizi della politica romanocentrica, ci tocca pure sorbirci le lezioni di economia del dottor Franco Barnabè, non uno qualunque, uno che ha passato gran parte della sua vita a dirigere grandi aziende pubbliche e private, uno che, tanto per citare alcuni degli incarichi avuti, è stato Direttore centrale per la pianificazione, il controllo e lo sviluppo di ENI; Amministratore delegato di Telecom Italia; Rappresentante speciale del governo italiano per la ricostruzione del Kosovo quando era D’Alema Presidente del Consiglio; Presidente dell’Azienda Speciale Palaexpo, ente strumentale di Roma capitale; Consigliere di amministrazione e dell’Audit Commette di PetroChina e Presidente della Commissione Italiana per l’UNESCO. Non uno qualunque, ma uno che oggi ci viene a dire che liquidare l’I.R.I. fu un errore in quanto la creazione di Beneduce, vero padre fondatore dell’I.R.I., rappresentava un autentico sistema di governo dell’economia. Cosa che a onor del vero poteva anche essere e poteva essere migliorata ed allora, uno come Prodi, primo responsabile, senza che il Paese ne avesse il benché minimo tornaconto, delle privatizzazioni selvagge e dello smantellamento dell’I.R.I., come fa, ancora oggi, ad essere ricercato e osannato da milioni di italiani e da una certa parte politica che, se non ci fosse stato un intoppo burocratico dell’ultima ora, ce lo avrebbe anche regalato come Presidente della Repubblica al posto di Mattarella?!

Agli italiani è stato venduto “fumo”, ma quel che è peggio, gli italiani se lo sono comprato. Gli è stata tolta la lira di tasca ed in cambio gli sono stati dati pochi euro. Le grandi aziende statali sono quasi tutte finite per divenire proprietà delle grandi multinazionali estere e quelle poche che sono rimaste in mano a gruppi italiani, vedi Alfa Romeo, non hanno fruttato nulla alle casse dello Stato, addirittura la Banca Nazionale del Lavoro è finita fra le proprietà del Gruppo francese BNP Paribas  e nel giro di pochi anni il salvifico euro è divenuto lo strumento principale attraverso il quale sta avvenendo l’occupazione politica e finanziaria del nostro Paese. L’Italia si ritrova così alla mercé degli italiani, tanto bravi a lamentarsi quanto proporzionalmente bravi a non cambiare nulla in politica con il risultato che oggi non è più padrona  di se stessa e per effetto di ciò, non è in grado di progettare liberamente il proprio futuro. La nostra classe politica, tutta, anche quella che abbaia all’euro a comando senza mai mordere, ha sacrificato la sua anima sull’altare pagano del dio denaro e non a caso, in questo vicolo cieco e buio dove si dibattono milioni di italiani precipitati nella povertà, l’unica cosa che brilla è l’assenza di idee e progetti della politica romanocentrica, ormai esclusivamente dedita a risse televisive su temi futili o comunque inessenziali perché quelli essenziali gli sono preclusi, sono un’esclusiva della B.C.E., della Commissione Europea e degli Stati Uniti d’America.

L’euro, possiamo dire che sia servito unicamente per evidenziare la pochezza e l’arroganza del potere partitocratico, cose non più occultabili attraverso le continue svalutazioni a cui un tempo era sottoposta la lira, poi, era quasi ovvio, sin dalla sua nascita, che sarebbe stato difettoso. Doveva essere un mezzo per raggiungere obiettivi importanti, come la prosperità e la solidarietà europea, così ce l’ho aveva spacciato Prodi, ma ciò che ha prodotto in alcuni Paesi, Italia compresa, è una terribile recessione per certi versi peggiore della “grande depressione” del 1929. Non solo, “problema immigrazione clandestina docet”, invece che solidarietà, semina divisione e “gonfia il petto” ai partiti che fanno del razzismo strisciante il loro unico cavallo di battaglia. L’euro è di fatto astorico, è privo di uno Stato e in pochi anni è riuscito solo a dimostrare la sua natura illusoria e mistificatrice. La sua ipervalutazione, figlia del grande capitale trasnazionale europeo, è stata improvvisa e fantastica, ma non è stata dettata né da un mercato interno consolidato, né da un’interazione con i mercati internazionali, il suo spropositato valore è semplicemente venuto dal nulla e oggi più che mai si rivela per ciò che è, una moneta finta dal valore indotto, una moneta che serve da “cavallo di Troia” per far passare la trasformazione radicale dello Stato, degli Stati, secondo il volere della peggiore dittatura capitalistica mondiale.

L’epoca dell’euro, ovvero l’epoca in cui le tasse si pagano perché si devono pagare, non per avere diritto alla pensione, non per avere diritto ad una sanità pubblica decente, non per vedersi aiutare dallo Stato quando vittime di calamità naturali e nemmeno per vedersi aiutare dallo Stato quando vittime della delinquenza, non per aver diritto ad una scuola capace di preparare alla vita ed al lavoro, non per vivere in libertà e nemmeno per avere occasioni di occupazione, semplicemente perché si devono pagare in cambio di niente! L’epoca dell’euro, della disoccupazione e inoccupazione di massa, della disoccupazione giovanile al 50%, dello stato sociale distrutto o privatizzato, del lavoro sottopagato, dello smantellamento del sistema produttivo, dei suicidi per debiti, dell’intervento militare italiano in ogni dove gli Stati Uniti d’America lo richiedano, dell’invasione degli immigrati clandestini e dell’estinzione della politica.

Le epoche non finiscono da sole, bisogna uscire dal torpore, cestinare la facile vigliaccheria e trovare il coraggio di riprenderci la nostra Terra, stare nell’euro e nella Nato non porta a nulla, anzi, ogni giorno di più ci regala povertà e pericoli.

Il Segretario Federale

Paolo Bini

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