Ma cosa vogliamo fare?!
Credo che accettare di far parte di questo Stato, che non sa garantire il diritto allo studio e al lavoro ai propri cittadini, che umilia l’istruzione pubblica e annichilisce il concetto di meritocrazia, significhi accettare il fallimento della società e della politica che dovrebbe darle l’assetto. Significa arrendersi alla corruzione, agli sprechi e agli illeciti che la caratterizzano.
I “vecchi” riferimenti culturali, che alla stregua di carte nautiche ci davano la rotta da seguire, sono stati cestinati nel nome del “progresso”, dell’apparire e di uno stile di vita a stelle e strisce che fa dell’uomo l’offerta sacrificale da immolare alla divinità pagana del dio denaro. La nostra Italia, quella che stupidamente abbiamo consegnato nelle mani dei partiti romanocentrici, è ormai naufragata in un mare di paradossi e contraddizioni, quello che ci rimane è l’incertezza, l’impossibilità di pianificare il futuro, le regole forti che tenevano in piedi la nostra società, sono state annientate, sgretolate, anno dopo anno, dalla politica partitocratica che ha mutato i partiti in veri e propri organi di potere.
Ora, sebbene il governo non lesini messaggi rassicuranti e le opposizioni si propongano come la panacea a tutti i mali del Paese, ciò che deve essere visto con estrema chiarezza è il fallimento di questo Stato centralista dove deputati, senatori e qualunque organo elettivo non sono chiamati a rendere conto al popolo ma ai partiti. Esiste ormai un solo modo per uscire da questo incubo fatto di tasse, perdita di diritti e stravolgimento della morale e delle regole dettateci dalla natura e quel modo si chiama Italia Terra Celtica!
Credo sia ormai giunto il momento di dire basta!
Basta con i nuovi schiavi costretti a lavorare per stipendi da fame e con contratti di lavoro che li parificano a disoccupati ogni qual volta si rivolgono ad un istituto di credito per un prestito o un mutuo; basta con la politica del voto comprato a seguito di strane elargizioni in favore di chi fa figli o di chi ha un reddito troppo basso, le tasse non possono servire per fare elemosina, devono servire per pianificare, creare strutture e lavoro, fare in modo che chi decide di avere figli li possa mantenere decorosamente e fare in modo che non ci possano essere stipendi da integrare con 80 euro di elemosina spalmati sulla collettività; basta con una scuola divenuta ormai un parcheggio per i disoccupati di domani; basta con una sanità pubblica che rende impossibile ricevere cure adeguate, che riesce a vedere disabili là dove ci sono dei truffatori che non avendone diritto percepiscono la pensione d’invalidità e riesce a trattare come truffatori i lavoratori che si ammalano o si infortunano sul lavoro; basta con l’I.N.P.S. che sperpera miliardi di euro nelle “super pensioni” e negli assegni destinati ai rifugiati politici ed a tutti coloro che pur non avendo mai versato un centesimo nelle casse dell’Istituto nazionale di previdenza sociale percepiscono da questo un assegno di mantenimento; basta con una “giustizia” capace solo di giustificare ladri, spacciatori, rapinatori e assassini. Stato sociale avanzato non significa dilapidare le tasse della gente, non significa far pagare ad altri la propria pensione che uno, se onesto, si è già pagato da solo; non significa dover ricorrere alla sanità privata perché quella pubblica è al collasso; non significa temere le forze dell’ordine e i magistrati quando si è costretti a doversi difendere dai delinquenti; non significa mandare i figli a scuola per poi mantenerli dopo gli studi perché non trovano uno straccio di lavoro; non significa recarsi alle urne per votare chi promette di più; non significa togliere il pane dalla bocca degli italiani per darlo ad altri; non significa spendere miliardi per le missioni militari di “pace” all’estero; non significa chinare sempre la testa ai diktat di Bruxelles e di Washington; non significa permettere a furbi e lazzaroni di vivere alle spalle comunità e non significa nemmeno far finta che dietro il fenomeno dilagante dell’immigrazione clandestina non ci sia la voglia di colonialismo americano che scarica sull’Europa e in particolare sull’Italia i costi umanitari delle sue guerre predatorie in Asia e in Africa.
Quello che assolutamente va fatto e va fatto in tempi veloci, mi dispiace che i più non riescano o non vogliano capirlo, è razionalizzare il funzionamento dei nostri apparati burocratici, giudiziari, fiscali, di pubblica amministrazione e istruzione. Razionalizzare e potenziare la sanità pubblica, crescere, tornare ad essere padroni assoluti delle nostre materie prime, creare le condizioni economiche e fiscali perché l’Italia diventi meta ambita delle aziende straniere e torni a diventare l’unica patria delle aziende italiane che negli ultimi 30 anni hanno delocalizzato all’estero. Bisogna cambiare politica, cestinare i partiti figli di tangentopoli, cambiare le persone, ridisegnare in senso federalista l’organizzazione statuale, diventare competitivi rispetto alle grandi potenze economiche mondiali, pena la progressiva fagocitazione e la sparizione dell’Italia che, forse, continuerà ad esistere come nome ma non come Stato e non come popolo.
Il Segretario Federale
Paolo Bini