Fuori dal coro, di parole e promesse non si campa
Tutti i giorni, giornali e telegiornali, vuoi in prima pagina, vuoi in qualche pagina interna o in qualche servizio non necessariamente d’apertura, dedicano inchiostro e parole ai dati provenienti dal mondo del lavoro nostrano. Tutti che si affannano a proiettare l’immagine di un’Italia che ce la può fare, che sta uscendo dalla crisi, che sta creando posti di lavoro e opportunità per il domani. Tutti che mentono e quel che è peggio, mentono sapendo di farlo. Il lavoro nel nostro Paese, ormai, è di fatto un’utopia, non che volendo, ma proprio volendo, non si possa trovare, da lavorare, insistendo, te ne danno anche, ma ciò che nessuno vuole corrispondere al lavoratore è uno stipendio adeguato, che permetta di vivere e non di sopravvivere!
Ormai se in una famiglia con più di un figlio a lavorare è solo un genitore, quella famiglia non può più permettersi gli standard minimi di vita, si deve scegliere se pagare il mutuo o l’affitto o se curarsi nel momento del bisogno, se mandare il figli a scuola o dal dentista, se portare l’auto dal meccanico o se fare la spesa, questa è la realtà, quella che omettono gli organi d’informazione.
La politica, poi, fa di peggio, non solo contribuisce con le sue scelte assassine all’impoverimento delle famiglie e alla destabilizzazione del Paese, ma nel farlo, riesce anche a dire che lo fa per noi.
La recessione è profonda e le parole di Renzi o di qualunque altro “pifferaio” non servono certo a fermarla. Disoccupazione e riduzione del reddito delle famiglie stanno portando con sé conseguenze sociali drammatiche e non è per caso e nemmeno per cattiveria, se qualificati opinionisti come il Nobel Paul Krugman danno l’Italia per spacciata.
In Italia, nell’Italia partitocratica, dove non conta se al governo c’è il centro-sinistra o il centro-destra, sussistono gravi problemi strutturali che penalizzano l’economia e di riflesso l’occupazione. Il nostro Paese ha una legislazione sul lavoro che fa schifo, determina costi altissimi per il datore di lavoro e per i lavoratori a fronte di uno stato sociale che non esiste più; i servizi per le famiglie con figli sono pochi e in gran parte del territorio nazionale addirittura inesistenti e per contro, la partitocrazia romanocentrica non ha mai cercato soluzioni per favorire il bilanciamento tra lavoro e vita privata; la produttività italiana è bassa, il nostro debito pubblico è altissimo, secondo solo a quello degli Stati Uniti d’America e del Giappone e tutto ciò mentre la distanza tra scuola e mondo del lavoro, da sempre molto evidente, è ormai diventata quasi incolmabile.
Ogni tanto si sente qualche politico parlare di “luce visibile alla fine del tunnel della crisi” e questo dimostra, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che lo scandalo scoppiato qualche anno fa sull’uso di sostanze stupefacenti da parte dei nostri parlamentari e senatori non è servito a niente, certamente non è servito a far cambiare i loro deplorevoli usi e costumi. Vivono fra mille privilegi, hanno stipendi inversamente proporzionali alle loro capacità ed ogni qual volta legiferano, colpiscono sempre e chirurgicamente i lavoratori.
Il sistema produttivo italiano, a forza alzare le tasse, a forza di costringere gli imprenditori a rischiare il proprio denaro in cambio della certezza di lavorare unicamente per versare i propri guadagni nelle casse dello Stato, è ormai completamente smantellato e non sarà possibile rimetterlo in opera con un’I.V.A. al 22% e con le tasse sul lavoro più alte del mondo. Si è costruito, in tanti anni di partitocrazia romanocentrica, la negazione di Nazione, tutto viene fatto col solo scopo di assecondare i grandi imprenditori che hanno bisogno di manodopera a basso costo e le multinazionali che continuano a far razzia dei nostri marchi alimentari e tessili più prestigiosi per poi spostarne le lavorazioni nei Paesi emergenti, in quelli in via di sviluppo o nell’Est Europa a tutto scapito dell’occupazione interna.
La crisi è devastante e di “uscita dal tunnel”, obbiettivamente, se si è in buona fede o se non si ricorre all’assunzione di qualche dubbia sostanza, non si può parlare, ora, mi rendo conto che i più preferiscono le parole rassicuranti provenienti dal governo, però, di parole e promesse non si campa, non si mangiano e non servono nemmeno per mettere benzina nel serbatoio dell’auto, quindi, seppur brutta, noi abbiamo il dovere sacrosanto di raccontare la verità agli italiani perché mai in futuro, quando inevitabilmente saranno costretti ad aprire gli occhi, possano accomunare Italia Terra Celtica ai bugiardi che continuano a legittimare con il loro voto.
Il Segretario Federale
Paolo Bini