Italia Terra Celtica è amore per la libertà
“Si può dire che i celti attraverso le loro vicende furono un punto di riferimento dell’Europa futura e dell’Europa comune”, così Giovanni Spadolini, nostro compianto uomo politico, nonché uno dei più eminenti studiosi del popolo celtico, scriveva nel 1991 nella presentazione, che egli curò, della grande mostra dedicata ai celti che si tenne a Palazzo Grassi in Venezia.
Si mossero tra grandi spazi geografici senza confini, mai composti in un’organizzazione unitaria, suddivisi in comunità tribali, rivelando sino a noi una irripetibile identità, piena di forza e di vita.
Un grande popolo, pronto alla guerra, agli amori, all’avventura, alle feste, ma che non fu mai nazione seppur di sé impregnò la storia del continente per migliaia di anni. Per questo, nonostante mille traversie, con l’invasione romana che gli fece conoscere la schiavitù; la diffusione del cristianesimo che contribuì ad occultarne testimonianze e cultura dando a cerimonie e ricorrenze celtiche una connotazione tipicamente cattolica e con il regime fascista e la sua riproposizione in chiave propagandistica dei miti imperiali romani, oggi si assiste ad un lento, ma graduale e inarrestabile, riaffermarsi della cultura celtica, non una rinascita, perché non vi fu mai morte, ma sicuramente la riscoperta di un’identità spirituale e politica non più soggetta alle leggi delle antiche morali.
Oggi ricomincia la lotta per la libertà, mai più schiavi di Roma, seppur il nostro inno nazionale, assolutamente a digiuno di storia, vuole la vittoria, ancora oggi, schiava di Roma.
Noi pensiamo che Dio abbia creato tutti gli uomini liberi e da qui vogliamo partire con il nostro progetto che trae la sua forza dalla sacralità della nostra Terra.
Italia Terra Celtica crede si debba partire dal riconoscere il valore delle nostre differenze, poiché saranno queste che ci dovranno unire. Non ci saranno nord-est, sud-ovest, fasullo federalismo fiscale o tardive e strane promesse di autonomia, né trucchi che potranno impedire all’Italia e ai suoi popoli di riprendersi la libertà.
Libertà cancellata da questa classe politica che ha nascosto ogni diversità e ogni pulsione sotto un grigio manto di centralismo retorico e di ottusa burocrazia.
Bisogna acquisire la consapevolezza che solo uniti possiamo difendere le nostre autonomie e che nessuna nazione, nessun paese o comunità esiste o non esiste in virtù di eventi naturali, di intervento divino, di decreti legge o di altra stravagante occorrenza. Una comunità c’è solo quando ha deciso di essere. L’unico modo di dar vita ad una comunità, ad una nazione, è farla esistere, è assecondare la volontà dei suoi abitanti, il loro diritto e la loro voglia di stare insieme. Quel che veramente conta, quindi, è la volontà della gente e questa sicuramente ha voglia di cambiare. E’ dimostrato dal disamore verso i partiti romanocentrici, dal continuo calo delle percentuali dei votanti, dalle continue e sempre più diffuse lamentele che salgono dalla “strada”, il popolo italiano è allo stremo e non bastano le menzogne dei politici per tradurre la disperazione in opportunità future.
Questa classe dirigente inetta, che proprio per come concepisce il modo di fare politica, retaggio di un ordine di pensiero artificiale che ben si adattava alla mentalità romana, ha portato la nazione sull’orlo del disastro economico e sociale.
Noi dobbiamo contrapporre a tale metodo, sicuramente fallimentare, il pensiero celtico, che portato in politica significa la riscoperta dell’amore quale sommo principio su cui fondare la nuova Italia, che noi vogliamo forte e per la prima volta, veramente unita, proprio dall’amore che i popoli che la abitano sapranno dimostrare per le loro diversità.
Il Responsabile Organizzativo Federale
Irina Tancau