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Investire nella Scuola significa investire nel futuro dell’Italia

by / mercoledì, 14 ottobre 2015 / Published in Cultura e informazione

In questa Italia scalcinata l’inizio dell’anno scolastico si può definire croce e delizia. Croce per gli studenti che devono fare i conti con le amministrazioni locali e centrali, spesso incapaci di garantire aule a sufficienza, edifici ripuliti e sicuri, mense funzionanti e di buon livello sin dal primo giorno e croce anche per i genitori che puntualmente, come ogni anno, devono fare i conti con il “caro libri”. La delizia, invece, è per la potente lobby delle case editrici, che lucrano alla grande sui testi che vengono cambiati nel giro di qualche anno, spesso solo in dettagli insignificanti o di piccolo conto, così da farli sembrare diversi e più aggiornati dell’edizione precedente con il prezzo che inesorabilmente scivola sempre verso l’alto.

Un’autentica vergogna di cui, forse, sono anche complici i tanti consigli di classe incapaci di fare scelte oculate e per contro, sempre pronti ad assecondare i capricci degli editori. Una vergogna tipicamente italiana di cui, però, il maggior responsabile è senz’altro il Ministero dell’Istruzione ,che a forza di cambiare programmi e testi ha perso completamente il contatto con la realtà che purtroppo non è fatta solo di famiglie benestanti ma, ogni giorno di più, di famiglie sempre più prossime alla povertà. Ora, per l’ennesima volta, anche quest’anno è scoppiata la polemica e i media ci si sono buttati a capofitto come del resto hanno sempre fatto e come sempre, è stato il solito, classico fuoco di paglia, tanto per far vedere che la cosa interessa, che i cittadini non sono soli, che possono contare sull’informazione ed oggi, a poco più di due settimane dall’inizio dell’anno scolastico, tutto è tornato al solito, assordante silenzio, mostrando, se ancora ce ne fosse bisogno, che dei problemi delle famiglie non interessa niente a nessuno.

I libri costano cari, tutto il corredo scolastico dei nostri figli è caro? Cosa volete, il sapere val bene un grande investimento, soprattutto alla luce del fatto che oggi in Italia, un laureato è quasi certo di andare ad ingrossare le fila dei disoccupati a meno che non accetti un lavoro sottopagato per il quale bastava ed avanzava la terza media.

Ma poi, perché lamentarsi, esistono, dove previsto, fondi regionali e comunali per aiutare le famiglie bisognose che non vogliono rinunciare a mandare i figli a scuola, peccato, però, che questi sono vincolati alla presentazione del “modello Isee”, quindi, rivolti a fasce di reddito estremamente basse dove a farla da padrone sono i tanti rifugiati politici extracomunitari e rom arrivati nel nostro Paese.

Oggi la nostra scuola, “buona” solo secondo Renzi, è nelle mani dei paladini dell’impresa, di internet e dell’inglese, gente che sta lavorando per ridurre l’istruzione ad una sorta di apprendistato in vista dell’ingresso nel mondo del lavoro. Prima le cose non stavano meglio, la scuola era nelle mani della sinistra, l’inventrice del “6 politico”, una scuola che ha sfornato un esercito di asini, che ha respinto chiunque non riuscisse a nascondere di essere un soggetto pensante, che ha costruito docenti asini che hanno sfornato altri asini e che hanno creato il terreno fertile alla “Buona scuola” renziana. Una scuola, quella sinistrata di sinistra memoria che, esattamente come oggi, non ha mai fatto nulla per combattere il caro libri, anzi, siccome la maggior parte degli editori sono sempre stati legati a filo doppio con la sinistra “monopolista della cultura”, si può tranquillamente affermare che il caro libri parte da lontano e che l’artefice primario sia stato il partito dei lavoratori di rosso ammantato.

Via dunque al “libero mercato” anche nel mondo della scuola, il diritto all’istruzione sancito dalla nostra logora Costituzione dovrà necessariamente passare dalle librerie e dai supermercati, ovviamente portafoglio permettendo. I costi per le famiglie potranno solo aumentare e diventeranno l’ennesima tassa indiretta alla quale soggiacere se si vuole per il proprio figlio un diploma o una laurea. Tutti si lamentano, ma poi ognuno ci mette del suo per peggiorare le cose, cominciamo dalle maestre delle elementari che alla fine di ogni anno scolastico consegnano ai genitori una lunga lista di oggetti da acquistare fra cui diversi testi integrativi, ovviamente a pagamento; continuiamo con i professori delle medie che s’inventano i testi obbligatori per i compiti delle vacanze, neanche fossero stati inutili quelli acquistati per l’anno scolastico appena concluso; lasciamo poi perdere ciò che viene richiesto agli studenti delle superiori o dell’università perché qui troviamo sempre più genitori costretti ad indebitarsi con le banche e con le finanziarie per poter garantire ai propri figli il materiale necessario agli studi. Tutto ciò si può tranquillamente tradurre in una sorta di usura legalizzata, come se non bastassero già gli interessi, che moltissime famiglie pagano, sul mutuo della casa, per l’acquisto dell’auto, dei mobili o degli elettrodomestici.

Pensare che, invece di riforme, riformette e dichiarazioni d’intenti, basterebbe che lo Stato s’impegnasse a stampare attraverso l’Istituto Poligrafico i libri di testo per ogni ordine e grado, stringendo accordi direttamente con gli autori, tralasciando di usare carta patinata e copertine multicolori sempre più simili a propagande pubblicitarie. Basterebbe una grafica sobria e funzionale, una rilegatura resistente adatta a chi dei libri fa uso quotidiano, ovviamente al loro interno dovrà esserci quanto di meglio i vari autori produrranno e così facendo si potrebbe arrivare a dotare di testi gratuiti gli alunni delle scuole dell’obbligo ed a concedere i libri in comodato d’uso a chi frequenta le superiori o l’università. Gli studenti che vorranno trattenere per sé i libri scolastici, potranno farlo versando allo Stato una modica somma, gli altri dovranno restituirli alla fine di ogni anno, sapendo che saranno chiamati a pagare i testi nel caso questi fossero stati ridotti male a tal punto da non poter più essere riutilizzati.

Basterebbe poco, basterebbe amare la propria Terra, basterebbe che il popolo esigesse dalla politica trasparenza, serietà e rigore. Basterebbe cancellare la partitocrazia e ciò che questa significa: energie e soldi, quotidianamente sperperati in favore delle clientele in odore di mafia che la sostengono. Basterebbe rendersi conto che investire oculatamente nella scuola significa investire nel futuro dell’Italia, basterebbe tutto questo, forse non è poco, ma non è nemmeno molto, certo ci vuole coraggio, forza e amore, agli italiani dimostrare di voler cambiare, di possedere qualcosa di più oltre alla loro spiccata voglia di lamentarsi.

Il Segretario Federale

Paolo Bini

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