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25 aprile, c’è forse qualcosa da festeggiare?

by / domenica, 25 aprile 2021 / Published in Giustizia e società

Non so se la gente ci sta facendo caso, spero di si ma temo di no, comunque, ad ogni modo, non vi è decisione governativa che non passi da lunghe consultazioni con partiti, sindacati e associazioni varie, da noi si perde più tempo a consultare che a lavorare e la ricaduta sul Paese di questo italico modo di fare è semplicemente disastrosa. Abbiamo da tempo toccato il fondo, la legalità si scontra quotidianamente con la giustizia e nessuno fa nulla di concreto, tutti vivono di slogan e recitano promesse dispensando un misterioso mistero della fede verso la partitocrazia romanocentrica, neanche fossero dei devoti raccolti nella recita del Rosario. Abbiamo vissuto da reclusi i due governi Conte, ora con Draghi è la stessa cosa e dire che il suo avvento alla guida del Paese era stato plaudito praticamente da tutti, mai si era visto Presidente del Consiglio tanto acclamato, neanche Monti fu così celebrato, ora la speranza è che non sappia fare peggio.

Le avvisaglie perché ciò accada, però ci sono tutte, infatti, pare voler continuare l’operazione iniziata ormai cinquant’anni fa abbondanti dai partiti romanocentrici. Anni in cui i partititi di governo, di sottogoverno e d’opposizione hanno lavorato assiduamente alla demolizione delle difese sociali con il disastroso risultato di consegnare alla Nazione una Polizia smilitarizzata, un corpo dei Carabinieri criminalizzato, una Magistratura politicizzata e codici civili e penali annacquati. Tutto in nome della “democrazia”, per dare spazio al “garantismo”, ma solo per i delinquenti, non certo per i ristoratori, i commercianti e gli esercenti di ogni tipo, che in questo periodo le cronache ci documentano venir sovente colti in flagranza di un reato gravissimo, quello di voler lavorare.

Draghi doveva essere l’uomo forte, preparato e capace; doveva essere l’uomo idoneo alla ripartenza dell’Italia, invece, sembra essere il terminatore chiamato a dare il colpo di grazia al Paese, alla già fragile economia italiana. Non si sono visti ripensamenti rispetto al deprimente passato, tutto continua sulla falsariga che vuole i poveri destinati a divenire sempre più poveri ed i ricchi destinati a divenire sempre più ricchi. Il rimedio più logico, tanto per cominciare, tanto per far vedere che la buona fede c’era, alla luce del fatto che il Mario, già Governatore della Banca Centrale Europea, era voluto da tutti, sarebbe stato quello di cacciare dai posti di potere almeno i responsabili delle ultime rovinose scelte politiche e organizzative, invece no! Si è assistito alla riconferma, in posti strategici, di Ministri che probabilmente in altri Paesi farebbero fatica a trovare un posto da bidello e mi scuso anticipatamente con i bidelli, ma obiettivamente di Speranza alla Sanità, Di Maio agli Esteri, Lamorgese agli Interni, Patuanelli alle politiche Agricole, Alimentari e Forestali e di Franceschini alla Cultura, ne avremmo volentieri fatto a meno. E’ vero che per stare a capo di un Governo di unità nazionale bisogna far contenti un po’ tutti, ma allora finiamola con l’ipocrisia del grande uomo al comando, ciò che si è visto, altro non è stato che la riesumazione del tanto vituperato “Manuale Cencelli” di democristiana memoria.

Alla fine, ma questo dovrebbe capirlo la gente, l’unica cosa veramente evidente sta nel fatto che nessuno, espressione della partitocrazia romanocentrica, potrà mai trovare un rimedio valido alla disastrosa situazione italiana, in definitiva, la ricostruzione non può essere affidata ai responsabili della distruzione, potrà sembrare una cosa banale, ma a quanto pare in Italia non è così.

Doveva essere il “Governo dei migliori”, così lo aveva battezzato Berlusconi; doveva essere il “Governo della grande scommessa” secondo Zingaretti; doveva essere il “Governo delle fragole mature” secondo Beppe Grillo; doveva essere il “Governo dello sviluppo e della crescita dei cantieri” secondo Salvini e secondo il Presidente della Repubblica, Mattarella, avrebbe dovuto essere il “Governo adeguato a fronteggiare le gravi emergenze presenti: sanitaria, sociale, economica e finanziaria”, ma nei fatti il Governo Draghi risulta essere più sbandato di quanto non fosse “l’armata” capitanata da Brancaleone da Norcia, un improbabile cavaliere intriso di retorica cavalleresca, goffo, inconcludente, ma a conti fatti, più coraggioso di Draghi. Un Governo fatto di personaggi scalcinati, molti dei quali, proprio come nell’opera cinematografica di Mario Monicelli, per comunicare ricorrono ad una lingua derivata da un italiano e un latino maccheronico, un Governo che molto meglio di tante parole rappresenta l’Italia di oggi, un Paese inesistente, abitato da un popolo inesistente. Un popolo che allora, in tempi di crociate, si metteva in marcia verso la Terra Santa senza nemmeno sapere dove fosse ed oggi festeggia il 25 aprile senza nemmeno rendersi conto che in quella guerra abbiamo perso tutti. Cosa festeggiamo, cosa c’é da festeggiare? Il Paese è chiuso a seguito di scellerate e inefficaci scelte politiche tendenti a contrastare la pandemia da “covid19”; l’Italia è spappolata da un nemico con il quale non ci si può alleare, diversamente l’avrebbe già fatto e c’è ancora qualcuno che ha voglia di riesumare l’acre odore della polvere da sparo per festeggiare la liberazione?! Ma poi, oggi che da ogni istituzione esce il tanfo della truffa, del falso ideologico e della strumentalizzazione di ogni cosa, di ogni avvenimento e di ogni fatto, siamo proprio sicuri che ci sia qualcosa da festeggiare?! Che festa è quella che rende onore al nemico di prima, divenuto “alleato” di poi?!

Per assurdo sono arrivato a credere che il mito e la retorica della Resistenza siano arrivati a convincere gli italiani di aver vinto quella maledetta guerra, che in realtà abbiamo perso nel più ignominioso dei modi. Sono arrivato a credere che tale palese violazione della verità ci abbia alla fine consegnato questa Italia, devastata dalla politica romanocentrica, ma ancor prima, dalle folli scelte elettorali degli italiani. Alla fine credo che quella che stiamo vivendo sia la deriva naturale di chi scientemente ha deciso o consentito di falsare la propria storia. Un popolo che distorce il proprio passato ha buone possibilità di distorcere anche il proprio presente ed il proprio futuro e gli italiani ce l’hanno davvero messa tutta perché ciò si verificasse. Capisco anche che per noi italiani, visto il comportamento dei politici e di chi li elegge, il 25 aprile possa essere il momento più alto per festeggiare l’eterno opportunismo, l’infinita ipocrisia e lo sconfinato voltagabbanismo che da tempi ormai antichi ci contraddistingue, ma ciò non toglie che quella guerra l’abbiamo persa tutti, anche noi che non c’eravamo, che l’abbiamo solo sentita raccontare o l’abbiamo letta sui libri di storia. L’abbiamo persa e continuiamo ogni giorno a perderla, senza renderci conto che l’antifascismo basato sulla falsità e sulla doppiezza, capace di negare dignità e memoria a tutti coloro che hanno dato la vita per la Patria, solo per la Patria, pur sapendo che si trattava di una guerra perduta, avrebbe dato vita ad una nuova forma di fascismo, più subdola e insidiosa, intesa “come normalità, come codificazione del fondo brutalmente egoista della nostra società”. Avrebbe dato vita al “sistema dei consumi”, che a partire dagli anni sessanta si è reso responsabile dell’omologazione culturale del Paese, un potere senza volto, senza camicia nera e senza fez, ma capace di plasmare le vite e le coscienze delle genti senza lasciare spazio per una questione morale al di fuori del conformismo celebrativo e dell’uniformato giudizio politico. Altroché festeggiamenti, qui ci vogliono tutti servi del servilismo, che tradotto significa l’immunità per l’attuale regime bancarottiero e l’adeguamento alla malinconica realtà dei nostri tempi. Tempi caratterizzati da un “popolo” sprovvisto della forza dell’orgoglio e della fierezza necessaria per ribellarsi al perverso meccanismo creato dai partiti romanocentrici, instillato ad ad arte nel corso degli anni, atto a rendere il cittadino assuefatto al vedersi oggetto di mercanzia politica, mercificato ad uso e consumo delle convenienze di partito, le stesse convenienze che portano i politici romanocentrici a dire tutto ed il contrario di tutto; che portano nemici giurati a governare insieme e che conservano, al di la delle false amicizie e dei mielati compromessi, la stessa ferocia predatoria che nessun 25 aprile, figlio di tempi feroci e divisi di cui è vietato ricordare le pagine sporche e insanguinate, potrà mai cancellare.

Il Segretario Federale

Paolo Bini

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